Carlo Goldoni
Gli innamorati

ATTO TERZO

Scena Prima. Lisetta e Tognino

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ATTO TERZO

 

Scena Prima. Lisetta e Tognino

 

LIS. Ma che desinare arrabbiato è stato quello di questa mattina!

TOG. Io non ne saprei indovinare il perché.

LIS. Qualche briga vi è stata tra la signora Clorinda e il signor Fulgenzio.

TOG. La mia padrona è di temperamento quieto e pacifico. Non vi è stato mai che dire con suo marito, e con suo cognato si amavano come fratelli.

LIS. E quest'amore innocente, e questa loro buona corrispondenza, è quella che fa delirar la signora Eugenia.

TOG. Me ne sono avveduto questa mattina quando elle mi ha tirato giù per saper quel che fanno e quel che non fanno. Io ho parlato alla buona, non credendo mai che fosse gelosa di una cognata.

LIS. Non è vero che sia gelosa.

TOG. E che cos'è dunque?

LIS. È puntigliosa. Non le dispiacciono le attenzioni che usa il signor Fulgenzio alla signora Clorinda perché li dubiti innamorati, ma perché vorrebbe ella sola esser servita, corteggiata, distinta, e non soffre che l'amante usi la menoma attenzione a qualsisia persona di questo mondo. Lo vorrebbe sempre qui, lo vorrebbe sempre con lei; crede che la premura per la cognata, distragga il signor Fulgenzio dall'assiduità di servirla; s'immagina che gli possano insinuare delle massime poco a lei favorevoli. Sa di aver poca dote. Ha sdegno che la signora Clorinda abbia portato in casa seimila scudi. Dubita che il signor Fulgenzio la stimi e la veneri anche per questo e che concepisca dell'avversione alla di lei povertà. Noi donne, se nol sapete, siamo di per solito ambiziosette. Abbiamo a sdegno quelle che sono o quelle che possono più di noi. Ogni una vorrebbe esser la sola stimata, la sola riverita ed amata da colui specialmente che si è dichiarato per lei, e ogni cosa le fa ombra; e chi più, chi meno, dubita, sospetta, s'inquieta. Ed ecco le fonti donde derivano le smanie della padrona: amore, timore, vanità, e sospetto.

TOG. E quale, di queste passioni, nel cuore della signora Eugenia, è la dominante?

LIS. Oh, l'amore, l'amore. Se non amasse tanto non sarebbe né sospettosasofistica, a questo segno. La vanità d'esser la distinta provien dall'amore: che importerebbe a lei che il signore Fulgenzio facesse la corte alla cognata se non avesse per lui della tenerezza e se non credesse di essere amata?

TOG. Ma quando termineranno questi loro deliri?

LIS. Subito che il signor Fulgenzio l'avrà sposata.

TOG. E perché non la sposa?

LIS. Intesi dire che non lo fa se non torna il di lui fratello.

TOG. Io credo che debba esser qui a momenti; Una lettera venuta questa mattina mi pare lo faccia poco lontano.

LIS. Voglia il cielo che finiscan di penare. Vi assicuro che delle stravaganze della signora Eugenia, ne risento anch'io la mia parte!

TOG. Parmi sentir del rumore di dove mangiano!

LIS. Sono alle bottiglie. Avranno gli spiriti in moto.

TOG. Ho curiosità di sentire. Sempre mi trema il cuore per il mio padrone.

LIS. Aspettate. Senza che andiamo di , da questa tenda si può rilevar qualche cosa.(va alla porta, e guarda dal buco della chiave)

TOG. È un po' troppo caldo il padrone. (da sé)

LIS. O diancine! Non sono in allegria, no. Ho sentito delle parole di sdegno! (a Tognino, scostandosi dalla porta)

TOG. Lasciate che senta.(si accosta alla porta)

LIS. Guardate da dietro la tenda. (a Tognino)(dubito che non voglia finir in bene). (da sé)

TOG. Vi sono de' guai, la mia padrona piange. (scostandosi)

LIS Piange la signora Clorinda? (corre a vedere alla porta)

TOG. (Quella buona signora non merita queste afflizioni) (da sé).

LIS. II signor Fabrizio è in collera; ha gettato via la salvietta, e si è partito di tavola. (stando presso la porta)

TOG. E il mio padrone che cosa fa?

LIS. Aspettate. (guarda)

TOG. (Dubito di qualche gran precipizio). (da sé)

LIS. È sdraiato sopra la tavola, colla testa cacciata fra le braccia. Ho veduto che il signor Ridolfo gli parla, ma egli non gli risponde.

TOG. Lasciatemi un po' vedere. (si accosta alla porta)

LIS. Sì, soddisfatevi. (si ritira dalla porta)

TOG. (Non vorrei nemmeno conoscerlo, non che essere al suo servizio. Mi fa compassione). (da sé, guarda)

LIS. (Certo, se durano a far questa vita, io non ci sto). (da sé)

TOG. La signora Eugenia è balzata in piedi. (a Lisetta)

LIS. Lasciate vedere. (corre alla porta e guarda)

TOG. Che cosa fa? (con ansietà)

LIS. Se ne va via. (osserva)

TOG. E la mia padrona?

LIS. Si asciuga gli occhi. (osserva)

TOG. E il padrone?

LIS. Non si move. (osserva)

TOG. E la signora Flamminia?

LIS. Par che pianga ella pure. (osserva)

TOG. E quel forastiere?

LIS. Prende tabacco, e non parla. (osserva)

 


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