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EUG. (Ponendosi a sedere con sdegno)No, non voglio più far questa vita. Se tirerò innanzi così, diverrò tisica, morirò disperata. Veggo da me medesima, che di giorno in giorno vo dimagrando; e per chi? Per un ingrato. Non serve dire: Fulgenzio è un ingrato. Ha sempre finto volermi bene, ma non me ne ha mai voluto. Nelle occasioni si conosce chi ama. Se avesse per me quella premura che dovrebbe, cosa gl'importerebbe disgustar per me la cognata? Oh! gliel'ha raccomandata il fratello. Il fratello è fratello, e l'amante è amante; e se ho d'amare, voglio essere amata, e chi mi ama ha da scordarsi d'ogni altro affetto. Ma è impossibile, mi dirà taluno, trovar un uomo come tu vorresti. Bene, se non c'è, non m'importa. Andrò in un ritiro; andrò lontana dal mondo. Già il signor Fulgenzio è annoiato di me, ed ha ragione di esserlo, perché sono assai delicata. Si è pacificato più volte; si è umiliato; mi ha domandato perdono, non vorrà più farlo, ed io non voglio esser la prima. È meglio così. Ho risolto; voglio andarmi a chiudere in un ritiro. Sarà contento; non mi vedrà più. Avrà finito di essere tormentato. Servirà la cognata; troverà un'altra amante; si mariterà. (a poco a poco si dispone a piangere)