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EUG. Sia ringraziato il cielo, sarà finita. È meglio così. Già se Fulgenzio fosse mio sposo, non avrei un'ora di bene; e s'ei lo facesse, lo farebbe per forza. Si vede chiaro che non mi ama. Ed io sarei stolida, se volessi amarlo. Quest'angustia di cuore, che ora mi sento, non è amore, è sdegno. Sdegno non già perché il perfido mi abbandoni, ma ira contro me stessa per avergli creduto. E sarò così sciocca di andarmi a chiudere in un ritiro per la perdita di un ingrato? Darò a lui questa soddisfazione, acciò se ne vanti, e vada raccontando agli amici la mia disperazione, come un trionfo della sua perfidia? No, non fia vero; vada egli, ed ammiri la mia costanza. Ma quale costanza, se mi sento morire?