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ATTO PRIMO
SCENA PRIMA Camera in casa di don Flaminio, con varie sedie. Lindoro, Fabrizio e servitori
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SCENA PRIMA
Camera in casa di don Flaminio, con varie sedie.
LIND. (A sedere in aria di melanconia)
FABR. Via, accomodate bene le sedie, ripulite bene per tutto, che non abbiano occasione di lamentarsi. (ai Servitori, i quali mettono sei o sette sedie in semicircolo, e partono) Che avete, Lindoro, che siete sì melanconico?
LIND. Non posso lasciar di piangere e di rattristarmi, quando penso alla perdita che abbiamo fatta del povero don Roberto. Sono due mesi ch'è morto, e l'ho sempre presente allo spirito e al cuore, ma oggi principalmente, oggi questa cerimonia lugubre mi rinnova il dolore ch'ho avuto il giorno della sua morte.
FABR. Avete ragione. Era sì amabile e generoso, che merita d'esser pianto. Oggi finalmente s'aprirà il testamento, sentiremo le sue ultime disposizioni.
LIND. Donna Eleonora sarà contenta; ell'era agitata più dalla curiosità, che dalla morte di suo marito.
FABR. È verissimo. E come il notaro non c'era, ch'era andato a Vienna per affari suoi particolari, ella voleva a tutta forza far aprire il testamento da un altro.
LIND. Chi sa come don Roberto l'avrà trattata?
FABR. Se l'ha riconosciuta a misura dell'amore ch'ha avuto per lui, non istarà troppo bene.
LIND. Per altro mi pare che, secondo le leggi di questo paese, il marito non possa lasciar alla moglie che una piccolissima summa.
FABR. È vero, ma può farla star bene, se vuole. Può raccomandarla all'erede, può obbligare l'erede... Ma il male si è ch'ella non ha mai coltivato il figliastro, e don Flaminio non ha ragion di lodarsene.
LIND. Povera signora, me ne dispiace, poiché mi dicono ch'ella ha avuto pochissima dote.
FABR. La dote che suol dare una giovane, quando sposa un vecchio.
LIND. Ma il signor don Roberto le avrà fatto una contradote.
FABR. Non so niente. Oggi saremo al fatto di tutto. Oggi sentiremo le disposizioni; e la mia più grande curiosità si è di sapere, come ha trattato Zelinda e voi.
LIND. Oh in quanto a noi, noi non siamo della famiglia, e per poco ch'abbia fatto, avrà fatto più del dovere.
FABR. Vi ha sempre amato come figliuoli suoi, vi ha maritato, vi ha promesso beneficarvi, e son sicuro che un uomo come lui, non si sarà contentato di poco.
LIND. Accetterò tutto dalla sua bontà, e dalla provvidenza.
FABR. Scusatemi, Lindoro. Scusate la confidenza con cui vi parlo. Avete delle grandi obbligazioni alla vostra sposa.
LIND. È vero; ho sagrificato qualche cosa per lei, ho abbandonato per lei casa mia, ho disgustato mio padre, ma grazie al cielo, mi ha perdonato, e il bene ch'ho, e che posso avere per cagion di Zelinda, sorpassa di molto quel ch'io poteva sperar dalla mia famiglia.
FABR. E poi una consorte sì buona, sì saggia, sì paziente, sì tollerante...
LIND. È verissimo. Ha sofferto tanto per causa mia, che ho rossore nel ricordarmelo.
FABR. Caro amico, l'avete ben fatta piangere e sospirare.
LIND. Non mi dite altro, che già ne sono estremamente confuso.
FABR. Dite la verità. Vi siete veramente cangiato? Siete più geloso di lei?
LIND. No, non lo sono più, e non lo sarò più. Qualche volta il diavolo vorrebbe ancora tentarmi, faccio qualche volta dei sforzi. Ma non lo deggio essere, e non lo sarò più.
FABR. Farete bene, se farete così. Zelinda non merita d'essere tormentata. E poi la gelosia tormenta quei che la provano. Oh v'assicuro che, se io mi marito, non sarò geloso.
LIND. Avete voi intenzione di maritarvi?
FABR. Non so: se avessi il modo... se il padrone nel suo testamento si fosse ricordato di me... Vi dirò... vi farò una confidenza. Se posso, mi marito senz'altro; e voi conoscete la giovane ch'ho intenzione di prendere.
FABR. Tognina; la cameriera della signora Barbara.
LIND. E come avete fatto a innamorarvi di lei?
FABR. Sapete che, dopo la morte del signor don Roberto, il signor don Flaminio ha mandato a monte il trattato della vedova, e si è dichiarato pubblicamente di voler sposare la signora Barbara...
LIND. È vero, e me ne dispiace infinitamente, poiché il signor don Roberto, dopo che ha saputo l'amor del figlio per la cantatrice, gli ha proibito di più trattarla, di più vederla, e di più pensarvi. E so che per questa sola cagione, era risoluto d'obbligarlo a sposar la vedova...
FABR. Certo, che se il padrone fosse vissuto, forse il figlio l'avrebbe fatto, ma ora ch'è padron di se stesso...
LIND. Che dirà la signora donna Eleonora? Darà in furore se saprà questo fatto.
FABR. Eh, ora la signora donna Eleonora non pensa più alla famiglia. Desidera di sapere le sue condizioni, ed ha già preparato quello che le deve asciugare le lagrime della vedovanza.
LIND. L'ha di già ritrovato sì presto?
FABR. Non è andata molto lontano a cercarlo. Lo conosceva da figlia, se l'ha onestamente coltivato da maritata.
LIND. È forse il signor don Filiberto?
LIND. Io non l'avrei mai creduto.
FABR. Ed io vi ho sempre pensato. Ora, per tornare a proposito di Tognina...
LIND. Ecco qui la signora donna Eleonora. (guardando verso la scena)
LIND. Sarà meglio ch'io me ne vada. (parte)