Carlo Goldoni
Le inquietudini di Zelinda

ATTO PRIMO

SCENA DECIMA   Flaminio e l'Avvocato

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SCENA DECIMA

 

Flaminio e l'Avvocato

 

FLAM. Che dite, amico, in quali imbarazzi mi trovo?

AVV. Non temete di niente. Questa reciproca donazione mi pare che sia una fantasma senz'alcun fondamento. Il signor don Roberto era un uomo di garbo, sapeva benissimo che non poteva donare in pregiudizio di suo figliuolo. Può essere che in qualche momento di tenerezza l'abbia lusingata, ma la donazione non c'è, e i testimoni non servono.

FLAM. Per questa parte pare anche a me di poter viver tranquillo, e per dirvi la verità, non ci penso. Quello che mi più da pensare, si è la condizione con cui mio padre mi vuole erede.

AVV. Lo credo benissimo, dopo quello che mi avete confidato del vostro amore per la signora Barbara. Vi compatisco, e farò il possibile per assistervi. Ma per dirvi la verità, il testamento parla assai chiaro.

FLAM. La giovine è d'una nascita che non disonora la nostra.

AVV. Tutto va bene, ma ella ha cantato in pubblico sul teatro, e il testamento l'esclude, e il padre è padrone di lasciar il suo libero a chi vuole, e colle condizioni che più gli piacciono.

FLAM. Voi dunque mi disperate del tutto.

AVV. No, non vi dispero altrimenti. Principio a considerare le difficoltà, ma non le trovo perciò insuperabili. Fidatevi di me, lasciate maneggiare a me la faccenda.

FLAM. Ma come, ma come mai? Oh cieli! voi mi colmate di consolazione.

AVV. Venite meco, e vi svelerò il mio disegno. (parte)

FLAM. Gran fortuna per me l'aver per difensore un avvocato amico, intelligente ed onorato. (parte)

 

 

 


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