Carlo Goldoni
La locandiera

ATTO TERZO

Scena Sesta. Il Cavaliere e Mirandolina

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Scena Sesta. Il Cavaliere e Mirandolina

 

CAVALIERE: Gran finezze, signora, al suo cameriere!

MIRANDOLINA: E per questo, che cosa vorrebbe dire?

CAVALIERE: Si vede che ne siete invaghita.

MIRANDOLINA: Io innamorata di un cameriere? Mi fa un bel complimento, signore; non sono di sì cattivo gusto io. Quando volessi amare, non getterei il mio tempomalamente. (Stirando.)

CAVALIERE: Voi meritereste l'amore di un re.

MIRANDOLINA: Del re di spade, o del re di coppe? (Stirando.)

CAVALIERE: Parliamo sul serio, Mirandolina, e lasciamo gli scherzi.

MIRANDOLINA: Parli pure, che io l'ascolto. (Stirando.)

CAVALIERE: Non potreste per un poco lasciar di stirare?

MIRANDOLINA: Oh perdoni! Mi preme allestire questa biancheria per domani.

CAVALIERE: Vi preme dunque quella biancheria più di me?

MIRANDOLINA: Sicuro. (Stirando.)

CAVALIERE: E ancora lo confermate?

MIRANDOLINA: Certo. Perché di questa biancheria me ne ho da servire, e di lei non posso far capitale di niente. (Stirando.)

CAVALIERE: Anzi potete dispor di me con autorità.

MIRANDOLINA: Eh, che ella non può vedere le donne.

CAVALIERE: Non mi tormentate più. Vi siete vendicata abbastanza. Stimo voi, stimo le donne che sono della vostra sorte, se pur ve ne sono. Vi stimo, vi amo, e vi domando pietà.

MIRANDOLINA:signore, glielo diremo. (Stirando in fretta, si fa cadere un manicotto.)

CAVALIERE (leva di terra il manicotto, e glielo ): Credetemi...

MIRANDOLINA: Non s'incomodi.

CAVALIERE: Voi meritate di esser servita.

MIRANDOLINA: Ah, ah, ah. (Ride forte.)

CAVALIERE: Ridete?

MIRANDOLINA: Rido, perché mi burla.

CAVALIERE: Mirandolina, non posso più.

MIRANDOLINA: Le vien male?

CAVALIERE: Sì, mi sento mancare.

MIRANDOLINA: Tenga il suo spirito di melissa. (Gli getta con disprezzo la boccetta.)

CAVALIERE: Non mi trattate con tanta asprezza. Credetemi, vi amo, ve lo giuro. (Vuol prenderle la mano, ed ella col ferro lo scotta.) Aimè!

MIRANDOLINA: Perdoni: non l'ho fatto apposta.

CAVALIERE: Pazienza! Questo è niente. Mi avete fatto una scottatura più grande.

MIRANDOLINA: Dove, signore?

CAVALIERE: Nel cuore.

MIRANDOLINA: Fabrizio. (Chiama ridendo.)

CAVALIERE: Per carità, non chiamate colui.

MIRANDOLINA: Ma se ho bisogno dell'altro ferro.

CAVALIERE: Aspettate... (ma no...) chiamerò il mio servitore.

MIRANDOLINA: Eh! Fabrizio... (Vuol chiamare Fabrizio.)

CAVALIERE: Giuro al cielo, se viene colui, gli spacco la testa.

MIRANDOLINA: Oh, questa è bella! Non mi potrò servire della mia gente?

CAVALIERE: Chiamate un altro; colui non lo posso vedere.

MIRANDOLINA: Mi pare ch'ella si avanzi un poco troppo, signor Cavaliere. (Si scosta dal tavolino col ferro in mano.)

CAVALIERE: Compatitemi... son fuori di me.

MIRANDOLINA: Anderò io in cucina, e sarà contento.

CAVALIERE: No, cara, fermatevi.

MIRANDOLINA: È una cosa curiosa questa. (Passeggiando.)

CAVALIERE: Compatitemi. (Le va dietro.)

MIRANDOLINA: Non posso chiamar chi voglio? (Passeggia.)

CAVALIERE: Lo confesso. Ho gelosia di colui. (Le va dietro.)

MIRANDOLINA: (Mi vien dietro come un cagnolino). (Da sé, passeggiando.)

CAVALIERE: Questa è la prima volta ch'io provo che cosa sia amore.

MIRANDOLINA: Nessuno mi ha mai comandato. (Camminando.)

CAVALIERE: Non intendo di comandarvi: vi prego. (La segue.)

MIRANDOLINA: Ma che cosa vuole da me? (Voltandosi con alterezza.)

CAVALIERE: Amore, compassione, pietà.

MIRANDOLINA: Un uomo che stamattina non poteva vedere le donne, oggi chiede amore e pietà? Non gli abbado, non può essere, non gli credo. (Crepa, schiatta, impara a disprezzar le donne). (Da sé, parte.)

 


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