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Altra camera.
Donna Aurelia ed il conte Ottavio.
OTT. Sì, donna Aurelia, ho motivo di consolarmi.
AUR. Direte più che mia figlia è di cattivo temperamento?
OTT. No certamente. La lodo anzi, e l'ammiro. Merita bene la di lei rassegnazione, che voi cerchiate di soddisfarla.
AUR. Lo farò, se la sorte seconderà i miei disegni.
OTT. Poss'io sapere che cosa ella desideri?
AUR. A voi non nascondo cosa alcuna della mia famiglia. Ella vuole un marito.
OTT. L'averà: non è in istato di disperarlo.
AUR. Per farle staccar dal cuore Florindo, sarebbe necessario che avessi in pronto uno sposo da sostituire a quell'altro.
OTT. Avete forse patteggiato con lei sul ravvedimento di questo suo sconsigliato amore?
AUR. No, conte. Mia figlia sa il suo dovere. Ella ha rinunziato all'amor di Florindo per compiacere sua madre.
OTT. Sia ringraziato il cielo, mi consolate davvero.
AUR. Conte, lo troveremo noi uno sposo per Laurina?
OTT. Veramente vuole il decoro, che per parte d'una figlia nobile e ricca non si vada a mendicare i partiti.
AUR. Mia figlia è sfortunata; e quantunque il padre le abbia lasciata una ricca dote, sino che vive la di lei zia, non può sperare di averla senza una lite.
OTT. Donna Laurina è giovine. Verrà il suo tempo; non abbia fretta.
AUR. Ma intanto...
OTT. Intanto, donna Aurelia, pensate meglio a voi stessa.
AUR. E come?
OTT. Prima che passino gli anni verdi dell'età vostra, accompagnatevi ad uno sposo che vi ama.
AUR. Conte, mi amate voi veramente?
OTT. Sì, vi amo colla tenerezza maggiore. Son anni che vivo adoratore del vostro merito, ma la stima che ho di voi fatta, non ha mai oltraggiata quella perfetta amicizia, che mi legava allo sposo vostro. Ho ricusati vari partiti di accasamento, non ritrovando oggetto che quanto voi mi piacesse: ed ora che siete libera, che posso amarvi senza rimorsi al cuore, vi svelo la fiamma, e vi domando pietà.
AUR. Un cavaliere che per tanti anni mi ha conservato amore senza mercede, sarebbe ora disposto a continuare ad amarmi senza speranza?
OTT. Sarei lo stesso di prima, se lo stato vostro di vedovanza non mi lusingasse di conseguirvi.
AUR. E se io avessi costantemente proposto di non passare alle seconde nozze, mi abbandonereste voi colla vostra amicizia?
OTT. No certamente. Ma cercherei dissuadervi da un proposito strano, che mal conviene per tanti titoli alla vostra situazione presente.
AUR. Conte, ho fissato: non voglio più maritarmi.
OTT. Voi lo direte, perché mi odiate.
AUR. No certamente. Vi stimo, e dirò ancora, vi amo. Se dovessi unirmi con altro sposo, giuro sull'onor mio, altri che il conte Ottavio non scieglierei. Ma torno a dirvi: ho fissato, non voglio più maritarmi.
OTT. Pazienza, lo sventurato son io.
AUR. Vi allontanerete per questo dalla mia casa?
OTT. Ci verrò, signora, se voi me ne darete la permissione.
AUR. Una lunga pratica potrebbe rendersi di osservazione.
OTT. Capisco. Voi mi licenziate per sempre.
AUR. Anzi vi desidero sempre meco. Non ho altri che voi cui possa confidare il mio cuore. Se voi mi abbandonate, caro conte, chi mi darà consiglio, chi mi conforterà nelle mie sventure?
OTT. Signora, il vostro ragionamento è sì vario, ch'io non arrivo a capirlo.
AUR. Se il vostro amore per me fosse cotanto forte, cotanto virtuoso, quanto voi lo vantate, ve lo farei capire ben tosto.
OTT. Se dubitate della fortezza dell'amor mio, ponetelo alla prova, e ne rileverete gli effetti.
AUR. Conte, badate bene come voi v'impegnate.
OTT. Son cavaliere, non son capace mancare alla mia parola.
AUR. Voglio che voi mi amiate, senza speranza di conseguirmi.
AUR. Voglio che non vi allontaniate dalla mia casa, e senza dar motivo di mormorare,
OTT. Insegnatemi a farlo.
AUR. Sposatevi a Laurina mia figlia.
AUR. No, voi avete a risolvere.
OTT. L'affare merita qualche riflesso.
AUR. Tutti i vostri riflessi io li ho prevenuti. Voi siete unico di casa vostra, siete nobile, siete ricco; siete in età da non differire l'accasamento per aver successione, e questa ve la potete promettere più dalla figlia, che dalla madre. Laurina brama uno sposo; ho promesso di darglielo io stessa, e quanto più presto la lego altrui, tanto più facilmente da Florindo la sciolgo, e voi siete l'unico mezzo che mi può dare la pace. Fatelo, se voi mi amate, fatelo per pietà di questa donna infelice che dite di aver amata, che or protestate di amare. Ma se mai questo medesimo amore vi consigliasse colla speranza di farmi vostra, giuro in faccia di voi, giuro a tutti i numi del cielo, di non istringere, finché io viva, ad altro sposo la mano. Disperando di farmi vostra, avete cuore di abbandonarmi? Se il vostro amore è sincero, voi non potete farlo. Se della nostra amicizia si mormorasse con discapito del mio decoro, avreste animo di soffrirlo? Se il vostro amore è discreto, voi mi risponderete che no. Che altro mezzo vi resta adunque per dimostrarmi l'affetto vostro, e portar questo al grado eroico della virtù, che dar la mano a mia figlia? Fatelo, conte, fatelo, se voi mi amate, e se per farlo vi resta qualche delicato riguardo di non confondere gli sguardi fra la madre e la figlia, sappiate che ho provveduto a tutto, che sono dama, che amo teneramente mia figlia: ma soprattutto amo ed apprezzo il decoro mio, il decoro vostro, e quello della vostra illustre famiglia.
OTT. Donna Aurelia, il vostro ragionamento comprende infinite cose. Non siate tiranna meco, pretendendo che tutte in una volta le abbia a considerare. Datemi almeno poche ore di tempo.
AUR. Sì, la vostra domanda non può essere più discreta. Vi lascio in libertà di pensare; ma quando avrete pensato venite alle mie stanze coll'ultima vostra determinazione, e se fia l'amor vostro di quella tempra che lo vantate, lo conoscerò dagli effetti. (parte)