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LAUR. Signora madre... (raccomandandosi)
AUR. Eh, signora figliuola! Voi siete d'un bel carattere, per quel che vedo.
LAUR. Via, non mi fate piangere...
AUR. Meritereste che vi facessi piangere amaramente. Ma vi amo troppo. Però l'amor mio non mi renderà cieca a tal segno di compiacervi soverchiamente. Se meno vi amassi, non penserei alla vostra fortuna. Procurerò di farla, ancorché non la meritiate: e se da voi non posso sperare quella mercede che all'affetto mio si conviene, appagherò me stessa nel procurarvi un bene, a costo di sacrificar me medesima a quel tenero amore che a voi mi lega. Cara figlia, tu mi sei poco grata; ma io ti sarò sempre amorosa. (parte)
LAVR. Mi ha un poco mortificata; ma finalmente mi ha consolata. Se mi vuol bene davvero mi mariterà. Questa è una cosa ch'io desidero, e non so perché. Se la desidero tanto, deve essere un bene, e se questo bene l'apprezzo, ancorché poco io lo conosca, possedendolo sarò contenta, conoscendolo sarò felice e posseduto ch'io l'abbia, mi averò almeno levata una violentissima curiosità. (parte)