Carlo Goldoni
I malcontenti

ATTO PRIMO

SCENA TERZA

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SCENA TERZA

 

Grilletta e detta, poi la signora Leonide

 

GRILL. È qui la signora Leonide.

FELIC. Va in campagna?

GRILL. Se ci va? È vestita da viaggio.

FELIC. Ah! tutte sì, ed io no. Quando ci penso, mi vengono cento mali.

LEON. Serva sua, signora Felicita.

FELIC. Serva, signora Leonide. Come sta?

LEON. A servirla. Ed ella?

FELIC. A servirla.

GRILL. (Questo complimento non manca mai). (da sé)

FELIC. Datele da sedere. (a Grilletta, la quale porta due sedie, e parte)

LEON. Non s'incomodi, son qui per poco. Son venuta a riverirla, a ricevere i suoi comandi.

FELIC. Vedo ch'ella è di viaggio. Per dove, se è lecito di saperlo?

LEON. In campagna. Nei nostri beni. A goder l'autunno, a star allegramente, con una buonissima compagnia.

FELIC. Ci starà un pezzo?

LEON. Tutto l'autunno; fino che ci staranno gli altri.

FELIC. Ah! (sospira da sé)

LEON. Che ha, che mi par melanconica?

FELIC. Niente, mi duole un poco la testa. S'accomodi.

LEON. No, perché bisogna ch'io vada via.

FELIC. Quando si parte?

LEON. Oggi, a qualche ora.

FELIC. Viene il signor Ridolfo?

LEON. Sì signora, viene egli, viene il signor Roccolino, altri tre o quattro amici di mio fratello. Non manca gente, staremo allegri.

FELIC. Mah! è fortunata la signora Leonide!

LEON. Oh, io in verità non posso lamentarmi di niente. In casa mi fanno tutto quello che voglio. Vede questo abitino? Me l'hanno fatto ora a posta per andar in campagna.

FELIC. Anch'io me ne faccio uno. S'accomodi un poco.

LEON. No, perché vado via. Di che cosa lo fa quest'abito?

FELIC. Non so s'io me lo faccia di carè, o di stoffetta.

LEON. Per portare in città, vuol essere un bel drappo di seta alla moda.

FELIC. Basta, ci penserò. Mi dispiace vederla in piedi.

LEON. Bisogna ch'io me ne vada: m'aspettano. Dica, ella non ci va in campagna?

FELIC. Non so; può essere.

LEON. Poverina! in verità me ne dispiace. Sempre qui sagrificata. Hanno poca carità questi suoi parenti, e per dirla, anche poca convenienza.

FELIC. Oh, io non me ne sono curata d'andar in campagna; per altro...

LEON. Oh, s'ella ci stesse un , come stiamo noi, l'assicuro che non la lascierebbe più.

FELIC. Stanno allegri dunque?

LEON. Allegrissimi. Senta voglio dirle la vita che abbiamo fatto l'anno passato.

FELIC. Non vorrei che per me l'aspettassero.

LEON. Che importa a me? che aspettino. Siamo andati in dodici in compagnia; e tutti uomini, donne, padroni, servitori, carrozze, cavalli, tutti alla nostra villa. Arrivati colà, trovammo preparata una sontuosa cena; dopo cena si giocò al faraone, e siccome il sonno andava prendendo ora l'uno, ora l'altro, e mio fratello ed io eravamo impegnati nel gioco, ciascheduno che aveva volontà di dormire, andò nel primo letto che ritrovò, ed io fui obbligata dormir colla cameriera, e mio fratello sul canapè.

FELIC. Questo è piacere! Questa libertà mi piace. E la mattina, come andò poi?

LEON. La mattina? Bellissima...

FELIC. Ma non istia così in piedi.

LEON. La mattina dopo, (sedendo) chi si levò tardi, e chi si levò di buon'ora. Chi al passeggio, chi a leggere, e chi alla tavoletta. Verso mezzodì, ci ragunammo a bevere la cioccolata; e poi al gioco, e si giocò fino che la zuppa era in tavola. Dopo pranzo chi andò a dormire, chi a passeggiare, e chi... Ehi, amica, un po' di genietto ci ha da essere, ci s'intende.

FELIC. Ed io sempre qui.

LEON. Non farei la vita che ella fa, se credessi di diventar regina.

FELIC. Eh! questa volta mi sentiranno. Basta, basta. E così? Dica, dica, come andò poi?

LEON. Andò benissimo, e tutti i giorni bene, e sempre bene. Tardi a letto, buona tavola, gioco eterno, amoretti fra mezzo un po' di ballo, un po' di passeggio, un poco di dir male del prossimo, abbiamo fatto una villeggiatura la più piacevole di questo mondo.

FELIC. Queste sono cose per altro, che si possono fare anche in città.

LEON. Oh, vi è altra libertà in campagna. Quante cose si fanno colà liberamente, che qui non convengono. Per esempio...

FELIC. Cara signora Leonide, non vorrei che per causa mia la si trattenesse...

LEON. Niente, niente: non ho da far niente.

FELIC. Perché pareva che ella avesse premura...

LEON. Per esempio, se qui una giovane civile si vedesse passeggiare con un giovanotto, che direbbero mai le genti?

FELIC. Oh qui? guardi il cielo! E in campagna si fa...

 

 


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