IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
GRIS. Servitor suo umilissimo.
GERON. Quando si va in campagna, padroni mie?
FELIC. In campagna, signore? Non so niente io.
GERON. Eh? quando si va, signor nipote?
GRIS. Non si anderà, se vossignoria non vuol che si vada.
GERON. Eppure, senza che la mia signoria lo voglia, so che si vuol andare.
GRIS. Chi v'ha detto questo, signore?
FELIC. Dice a me? Non so niente.
GERON. Certo, signori sì; ho saputo per via di quei garbati signori che stan qui sopra, che la famiglia degnissima del mio signor fratello sta sulle mosse per andar in campagna.
GRIS. Quei signori ci hanno fatta l'esibizione...
FELIC. Finalmente, se ci va il signor padre...
FELIC. La compagnia è di gente onesta e civile...
GRIS. (Non dice niente...) (piano a Felicita)
FELIC. (Via). (piano a Grisologo)
GERON. Ma! così è; il mal esempio è la rovina delle famiglie. Pretendereste di far voi pure quello che fanno gli altri, eh? Poveri sciocchi! Vadano, vadano quei signori in campagna. Io so quel che si dice di loro. So io lo stato in cui si trova il signor Ridolfo. Con queste orecchie ho sentito testé il sarto francese, monsieur Lolì, lagnarsi della signora Leonide che non l'ha pagato.
FELIC. Per il vestito da viaggio forse?
GERON. Sì signora, per il vestito da viaggio. Essi si divertiranno in villa, e qui si faranno delle belle canzoni sul loro modo di vivere. E voi altri vorreste accompagnarvi con questa sorta di gente? In casa vostra non manca il bisognevole, anche con abbondanza. Qui non viene alcuno a picchiare all'uscio per essere pagato; non si fanno tornare i creditori due volte, non si fa mormorare. Ma sapete che cosa ci mantiene in riputazione? Non le entrate, che sono poche; non i negozietti ch'io faccio per migliorarle; ma la buona regola, la prudenza e l'economia. Senza di questa, poveri voi. Poveri voi, se non aveste altro che vostro padre. So io lo studio che mi costa il reggere questa barca. Ma sono vecchio, figliuoli miei, sono vecchio. Poco ancor posso vivere: e però, prima di chiuder gli occhi, vorrei vedervi in istato di non aver bisogno dell'aiuto di vostro padre. Egli non è buono per sé, molto meno sarebbe al caso per regger voi. Cara Felicita, ho qualche partito per voi; penso accasarvi con fondamento da vostra pari. Ma voi non vi stancate di essere una figliuola prudente, come stata siete sinora; e voi, nipote carissimo, è tempo che vi determiniate a qualche cosa di sodo. I vostri studi li avete fatti. Vi comprerò una carica, se v'inclinate; vi addottorerò, se il volete, credetemi che vi amo da padre, e più assaissimo di vostro padre, né altro esigo da voi che buon amore, soda prudenza e discreta rassegnazione.
FELIC. Per me, signore, se volete accasarmi, sarò contenta.
GERON. Ho tre o quattro partiti, vi dico, e di questi non dubitate ch'io non sappia scegliere il meglio.
FELIC. Perdonatemi, signor zio, vi vorrei dire una cosa.
GERON. Dite; parlate con libertà.
FELIC. Fra questi partiti vi sarebbe per sorte quello del signor Ridolfo?
GERON. Il signor Ridolfo? Il signor Ridolfo? Fino che io son vivo, non vi mariterete al certo col signor Ridolfo, né con altro simile a lui. Il signor Ridolfo fa le belle villeggiature; ma i creditori l'aspettano, per augurargli il buon viaggio. Ora capisco l'intreccio della favoletta. Sono invitati per andar in campagna, eh? Oh che bel villeggiare coll'amante al fianco! E il fratello il comporta, e il padre tien mano. Pazzi, pazzi quanti che siete.
FELIC. Per me, non dico né di volere, né di non volere; sono stata a tutto finora, e vi starò ancora per l'avvenire. Già di me ha da essere sempre così, sempre schiava, sempre avvilita, sempre sgridata; cacciatemi in un ritiro, che non voglio più saper niente di questo mondo. (parte)