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La signora Leonide col signor Mario, serviti di lumi da Servitori, ed il suddetto.
LEON. Eccoci, eccoci; fate attaccare, che siamo all'ordine.
LEON. Non ancora; non abbiamo avuto la sofferenza di starci sino alla fine.
RID. Avrei piacer di sapere, come da ultimo il popolo l'ha applaudita.
LEON. Il signor Roccolino, che vi è rimasto, ve lo saprà dire. Intanto ordinate che attacchino; non perdiamo tempo.
RID. Aspettiamo il signor Roccolino. Ma ditemi qualche cosa della commedia. C'è niente di buono?
LEON. Se la finiscono, fanno molto.
MAR. Cosa peggiore non ho sentito a' miei giorni.
RID. Sachespir non piace dunque?
MAR. Non piace, perché il signor Grisologo non l'ha saputo imitare.
LEON. Non vi è ordine, non vi è intreccio, non ci sono caratteri. Oh che pasticcio!
MAR. Io non so mai, perché il signor Grisologo siasi posto ad un tale impegno.
RID. Ve lo dirò io il perché. Per guadagnare dodici zecchini.
LEON. Poveri comici! li hanno gettati via.
RID. Se non piace, non glieli danno.
LEON. Oh, non li ha dunque?
RID. E se non li ha, né lui, né la signora Felicita vanno in villa.
LEON. Come lo sapete? Chi ve l'ha detto?
RID. Grilletta me lo ha detto, la cameriera.
MAR. È bellissima l'istoriella.
LEON. Non ci viene più a ritrovare la signora Felicita.
RID. Zitto, zitto, ch'ella scende le scale, e viene da voi.
LEON. Povera donna! mi fa compassione.
RID. Usate prudenza con lei, non la state a mortificare.
LEON. Se si tratta di compiacervi, le darò gusto.
MAR. Meglio per lei, che non sia stata al teatro.