Carlo Goldoni
L'amante di sé medesimo

ATTO QUINTO

SCENA OTTAVA

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SCENA OTTAVA

 

Don Mauro, la Marchesa Ippolita, il Marchese Ferdinando, un Notaro ed i suddetti.

 

MAU.

Sposi, sposi, siam qui. Gli sposi, che ora vengono...

Salutan, sì signore... quei che qui si trattengono.

Ah, sono anch'io brillante! Amor fa... sì signore.

Animo, due contratti stenda il signor... dottore.

CON.

Don Mauro, che col nome di zio chiamar m'è dato.

All'amor che mi muove, sempre il mio cuor fia grato.

Con giubbilo in isposa accetto la nipote.

MAU.

E ventimila scudi... sì signor, per la dote.

BIA.

Foste sempre, signore, padre per me amoroso

E vi amerò qual figlia congiunta ad uno sposo.

Sposo che riconosco dal vostro amabil cuore.

MAU.

E ventimila scudi di dote... sì signore.

In faccia del notaro... in faccia ai testimoni,

Si faccian... sì signore... i nostri matrimoni.

Via, scrivete. (al Notaro, il quale si mette a scrivere ad un tavolino indietro)

FER.

Don Mauro, forse sarà creduto,

Che ad arte in casa vostra sia per amor venuto.

Ma non è ver, signore, lo giuro e lo protesto,

dee, né può mentire un cavaliere onesto.

Venni sol per punire due tristi scellerati;

Fuggir, ma saran presi, condotti e castigati.

Trovai qui la Marchesa, che in patria ho conosciuta,

Mesta, di duol ripiena, senza parlar seduta.

Pietà destommi in seno l'afflitta vedovella,

In età fresca ancora, nobile, ricca e bella.

Formo un discorso a caso, il dialogo s'avanza,

S'inoltran le parole, mi tenta una speranza.

Alfin, che più volete? S'accorda in sul momento.

Ella di ciò mi onora. Io son di ciò contento.

MAU.

E poi dicon ch'io parlo confuso... sì signore.

Se ho inteso che dir voglia, mi venga il mal di core.

Presto, signor notaro, signor dottore, presto.

NOT.

Ho steso l'occorrente. In casa farò il resto.

Dian pur, quando comandano, la mano in mia presenza.

MAU.

Marchesa... sì signore... a voi la preferenza.

IPP.

Per compimento accetto la grazia generosa:

Questi è lo sposo mio. ( la mano al Marchese)

FER.

E questa è la mia sposa. ( la mano al Marchese)

MAU.

Toh... toh... che cosa è questa?... Scherzate, sì signore?

Non siete... voi... mia sposa? (alla Marchesa)

IPP.

Vostra? siete in errore.

Finora si è parlato di me con il Marchese.

MAU.

E il signor Veneziano... che disse?... di che intese?

ALB.

Anca mi ho sempre inteso de quei che s'ha sposà.

MAU.

E voi? (al Conte)

CON.

Anch'io di loro.

MAU.

Oh bella in verità!

FER.

Signor, resto sorpreso.

MAU.

Anch'io son stupefatto.

IPP.

Ma voi vedete bene, che quel ch'è fatto, è fatto.

MAU.

Dieci anni ci ho pensato... credea giunta quell'ora.

Pazienza, sì signore, non sarà tempo ancora.

BIA.

Signor, porgo la mano? (a don Mauro)

MAU.

Oh, io non son più io.

CON.

È questa la mia sposa. (con risoluzione)

BIA.

Questi è lo sposo mio.

CON.

A voi tocca, signore, di stendere il contratto.

NOT.

So quel che far conviene.

MAU.

Eh, quel ch'è fatto... è fatto.

 

 

 


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