Carlo Goldoni
La mascherata

ATTO SECONDO

SCENA TERZA   Silvio, Leandro, poi Aurelia

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SCENA TERZA

 

Silvio, Leandro, poi Aurelia

 

SILV.

Gentilissima donna!

LEAN.

Ella, a dir vero,

È spiritosa assai.

SILV.

Col suo bel spirito,

Col suo dir, col suo fare,

Una conversazion può ravvivare.

AUR.

Signor Silvio gentile,

Mi rallegro con lei.

SILV.

Per qual motivo?

AUR.

Perché lo spirto vivo

Di quella veneziana mascheretta

Vi piace e vi diletta;

E la sua compagnia

Piacere vi darà più della mia.

LEAN.

(Anche questa è gelosa).

SILV.

Deh mia diletta sposa,

Di me non dubitate;

Deh non mi tormentate.

AUR.

Eh, non temete:

Tutto vi lascio far quel che volete.

SILV.

Ma voi siete adirata.

AUR.

E con ragione.

LEAN.

Credetemi, signora,

Che Silvio con Lucrezia

Trattato ha sempre mai modestamente.

AUR.

Siete d'accordo; non vi credo niente.

SILV.

Dunque...

AUR.

Dunque tornate

Dalla vostra signora che vi aspetta.

SILV.

Deh, Aurelia mia diletta,

Mi volete veder dunque morire?

Mirate questo pianto

Che dagli occhi mi sgorga:

Voi mi fate provar tormenti e pene.

(Due lagrime talvolta fanno bene).

AUR.

Via, caro, non piangete.

Se bene mi volete,

Di più da voi non chiedo.

SILV.

Io vostro sono.

Cara, mi perdonate?

AUR.

Vi perdono.

SILV.

Oimè, che dal contento

Il cor nel seno giubilar mi sento.

 

Bel goder contento in pace,

Senza doglie, senza pene:

Cara sposa, amato bene,

Consolate il mesto cor.

D'Imeneo la chiara face

Vuò sperar vi renda ancora

Men molesta a chi v'adora,

E vi tolga ogni timor. (parte)

 

 

 


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