Carlo Goldoni
Il matrimonio per concorso

ATTO SECONDO

SCENA SESTA   Anselmo e Roberto

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SCENA SESTA

 

Anselmo e Roberto

 

ROB. Avete veduto quel signore che ora è partito? (ad Anselmo)

ANS. Sì signore, chi è?

ROB. È un certo monsieur la Rose.

ANS. Mi pare che questo nome sia di uno dei miei debitori.

ROB. È verissimo, ed è quello che vi deve più di tutti gli altri.

ANS. E perché non gli avete detto nulla? Perché non me lo avete fatto conoscere?

ROB. Perché era in compagnia, perché qui non è il loco da presentarvi, e mi riservo a condurvi alla di lui casa. È ricco, può pagarvi, e vi pagherà: ma è un poco difficile, e conviene trattarlo con della destrezza. La guerra ha fatto del male a tutti; egli ne ha risentito del danno grande, ma fidatevi di me, e son certo che farà il suo dovere.

ANS. Caro signor Roberto, sono penetrato moltissimo dalla bontà che avete per me. Il vostro signor padre è stato sempre mio buon amico, mi è sempre stata utile la sua corrispondenza, ho pianto la di lui perdita, ed ora mi consolo trovar in voi un amico di cuore, ch'è la sola cosa ch'io posso desiderar nelle mie disgrazie.

ROB. Voi potete disporre di me e della mia casa. So che siete un uomo d'onore, so quanta stima faceva di voi mio padre, e so che non avete alcuna colpa nelle vostre disavventure. A tenor delle vostre lettere ho esaminato bene, come vi dissi, gli interessi vostri a Parigi: trovo che qui i vostri crediti sono considerabili, e i vostri debitori sono per la maggior parte in istato di soddisfarvi. Consolatevi, che quanto prima vi troverete in grado di riprendere il commercio, se così vi piace, ed io vi esibisco la mia assistenza, e tutto quello che vi può giovare.

ANS. Le vostre esibizioni, le vostre beneficenze, sono per me una provvidenza del cielo; ma caro signor Roberto, voi siete interessato per me, ed io lo sono per voi: vorrei per vostro bene, e per mia consolazione, poter da voi ottenere una grazia.

ROB. Dite, signore, voi non avete che a comandare.

ANS. Vorrei che abbandonaste l'attaccamento che voi mostrate di avere per la figliuola di Pandolfo.

ROB. Caro signor Anselmo, vi ho il modo, come mi è accaduto di vederla; la trovo amabile, sono intenerito dalla sua miserabile situazione; son di buon cuore, e non ho animo di abbandonarla.

ANS. Possibile che in una sola visita, in un solo colloquio, abbiate potuto accendervi in tal maniera?

ROB. Ah signore, questi sono i prodigi della simpatia dell'amore. Sono quegli accidenti, che se si trovano scritti, se si vedono sulle scene, si credono inverisimili, immaginari, forzati, e pure io ne provo l'effetto, e cent'altri l'hanno egualmente provato.

ANS. Sì, è vero, so benissimo che si sono fatti de' matrimoni ad un colpo d'occhio; credo però che siano stati contratti più dal capriccio che dall'amore.

ROB. Avete voi veduta la figlia del signor Pandolfo?

ANS. No, non l'ho ancora veduta.

ROB. Vedetela, e poi giudicate del di lei merito e della giustizia ch'io le rendo.

ANS. Voglio accordarvi ch'ella sia bella, ch'ella sia virtuosa, ma sapete voi chi è suo padre?

ROB. È un uomo stravagante, ridicolo; lo so benissimo.

ANS. Sapete voi ch'egli è stato mio servitore?

ROB. Servitore? Per verità è un poco troppo. Ma... se lo ha fatto per necessità, per disgrazia...

ANS. Non signore, l'ha fatto perché tale è la sua nascita e la sua condizione.

ROB. Presentemente è mercante...

ANS. Sì, è un mercadante che ha fallito tre o quattro volte.

ROB. Miserabile condizion di un tal impiego! siamo tutti soggetti alle ingiurie della fortuna.

ANS. Fallir col danaro in mano non è azione che meriti compatimento.

ROB. Io ho delle corrispondenze per tutto. Non ho sentito a reclamare di lui.

ANS. Perché i suoi negozi non erano di conseguenza.

ROB. Se è così, non avrà fatto gran torto ai corrispondenti.

ANS. Voi difendete il padre, perché siete innamorato della figliuola.

ROB. Povera sfortunata! Ella non ha alcuna parte nei disordini di suo padre. Ella merita tutto il bene.

ANS. Sareste voi disposto a sposarla?

ROB. Perché no? Lo farei col maggior piacere del mondo.

ANS. E soffrireste di avere un suocerovillano?

ROB. Ella è piena di merito e di gentilezza.

ANS. Uno stolido di tal natura?

ROB. Sua figlia ha il più bel talento del mondo.

ANS. Che cosa direbbero i vostri parenti?

ROB. Io non ho da render conto a nessuno.

ANS. La vostra casa merita che voi non le facciate un così gran torto.

ROB. Il maggior onore ch'io possa fare alla mia famiglia è di procurarmi una moglie onesta, saggia, virtuosa e morigerata.

ANS. Credete voi che non vi siano al mondo altre figlie saggie, oneste e morigerate?

ROB. Conosco questa, credo ch'ella potrebbe formare la mia felicità, e ne sarei contentissimo.

ANS. Per esempio, se non vi avessi trovato affascinato in tal modo, mi avrei preso l'ardire di farvi io una proposizione.

ROB. E qual proposizione mi avreste fatta?

ANS. Ho ancor io una figliuola da maritare.

ROB. Avete una figlia da maritare?

ANS. Sì signore, e se l'amor di padre non m'inganna, parmi ch'ella sia degna di qualche attenzione. Posso impegnarmi sicuramente ch'ella è saggia, onesta, virtuosa e morigerata.

ROB. Non ho veruna difficoltà a crederlo, e me ne consolo con voi.

ANS. Veramente non tocca a me a parlarvi di mia figliuola. La cosa è fuori di regola, e non vorrei passare anch'io per un ciarlatano, ma l'amicizia antica delle nostre case, e la bontà che voi avete per me, mi obbliga ad esibirvi di venirla a veder, se vi contentate.

ROB. No, signor Anselmo, vi ringrazio infinitamente. Sarei venuto assai volentieri a riverirla, a far seco lei il mio dovere, senza un tale preventivo ragionamento. Ora parerebbe ch'io ne dovessi fare un confronto, e vi chiamereste offeso, s'io non le rendessi quella giustizia che le conviene.

ANS. Credete dunque a dirittura che la mia figliuola non meriti quanto l'altra?

ROB. Non dico questo, ma il mio cuore è prevenuto, è risoluto, è costante.

ANS. Non occorr'altro. Scusatemi se vi sono stato importuno.

ROB. Vi supplico non formalizzarvi della mia condotta.

ANS. Al contrario ammiro la vostra costanza, e vi lodo nel tempo medesimo ch'io vi compiango. (parte)

ROB. Eh, non merita di esser compianto chi rende giustizia alla virtù, e sarà sempre degna di lode la compassione. (parte)

 

 

 


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