Carlo Goldoni
Il matrimonio per concorso

ATTO SECONDO

SCENA QUINDICESIMA   Roberto, poi Doralice

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SCENA QUINDICESIMA

 

Roberto, poi Doralice

 

ROB. Ah sì, quando il padre lo dice, quando lo sostiene con tanta costanza, sarà pur troppo la verità. Perfida! chi mai avrebbe creduto, ch'ella sapesse fingere ad un tal segno? Ch'ella sapesse mascherare colla modestia la passione, e forse la dissolutezza? Ah, non si può sperare di meglio dalla figliuola di un padre vile: ecco l'effetto della pessima educazione. Ha ragione il signor Anselmo. Io sono un pazzo, uno stolido, un insensato. Ma sono a tempo di rimediarvi. Sì, ci rimedierò.

DOR. Ah signor Roberto!...

ROB. Ingrata! così corrispondete alla mia pietà, all'amor mio?

DOR. Deh signore, non vi dolete di me; non è mia colpa.

ROB. E di chi dunque sarà la colpa, se non è vostra?

DOR. Mio padre mi obbliga mio mal grado...

ROB. Vi obbliga vostro padre ad amare un uomo ch'è maritato?

DOR. Come? maritato?

ROB. Non lo sapete, o fingete di non saperlo?

DOR. Oh cieli! che volete che sappia una povera giovane forastiera, che lasciasi condur dal padre...

ROB. Che dite voi del padre? Egli ha miglior sentimento di voi, ed è vano che facciate pompa di una virtù, che non conoscete.

DOR. Voi m'insultate, ed io non son fatta per tollerare gl'insulti.

ROB. So che con una donna dovrei moderare la collera, so che dovrei abbandonarvi senza parlare. Ma sono acciecato dalla passione, da una passione concepita per voi, non so come, e che è maltrattata dalla vostra perfidia...

DOR. Signore, vi sarebbe pericolo che v'ingannaste? Mi prendereste voi per un'altra?

ROB. No, no, conosco il vostro carattere; mi è stato dipinto bastantemente, e sono inutili le vostre scuse.

DOR. Ma è necessario che voi sappiate...

ROB. Non vo' saper d'avvantaggio.

DOR. Che non sono quella altrimenti...

 

 

 


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