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LIS. Si scaldi quanto vuole la signora Aretusi, poco m'importa. Io non esamino se ella sia colpevole od innocente: dico bene, che Filippo è un ingrato, un infedele e un ribaldo: convien dire ch'ei s'innamori di tutte le donne che vengono alla sua locanda. Briccone! quante promesse, quante belle espressioni d'amore, di fedeltà, di costanza! ed io, semplice, gli ho creduto, ed io ho lasciato ogni buon partito per lui. Perché mettermi a repentaglio di disgustar affatto mio padre? Perché insistere di volermi in isposa a dispetto suo? Perché arrivare perfino a darmi ad intendere di volersi fingere un colonnello, per deludere il fanatismo di mio padre, e carpirmi con artifizio ed inganno? È ben capace di un'impostura; ma grazie al cielo, l'ho conosciuto in tempo, e non mi lascierò più ingannare.
PAND. E bene, signorina garbata, che dite del bell'onore che fate a voi ed a vostro padre?
LIS. Signore, dico che avete ragione. Vi domando scusa del dispiacere che vi ho dato, e sono pronta a far tutto quel che volete.
PAND. Mi promettete di abbandonare affatto Filippo?
LIS. Sì signore; ve lo prometto.
PAND. Di accettare uno sposo degno di voi e degno di me?
LIS. Dipenderò intieramente da voi.
PAND. Di esaminare con attenzione il merito de' concorrenti?
LIS. Questo è quello, per verità, che mi dà maggior pena. Caro signor padre, questo concorso è una cosa insoffribile.
PAND. Sareste voi contenta del signor Roberto?
PAND. Volete ch'io lo trovi, che gli faccia le vostre scuse, e che lo conduca qui di bel nuovo?
LIS. Sì, fate tutto quel che volete. (Per vendicarmi di quel perfido di Filippo).
PAND. Brava la mia figliuola. Son contento, mi consolate. (Ah, colle giovani ci vuol giudizio, ci vuol buona testa. So bene io la maniera... Oh, politica non me ne manca).