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ATTO SECONDO
SCENA DICIANNOVESIMA Lisetta, Pandolfo, poi Filippo travestito con baffi.
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Lisetta, Pandolfo, poi Filippo travestito con baffi.
LIS. Lasciate ch'io me ne vada.
PAND. No, dovete anzi restare.
LIS. (Disgraziato! non lo posso vedere).
FIL. Star foi segnor Pantolfe?
FIL. Star questa fostra figlicola?
FIL. Per ferità star molte pella, star molte graziosa: parlare molto pene fostra gazzetta, e ie trovar ancora tante più bellezze, tante pelle cose, che non afer mi lette gazzetta.
PAND. È tutto effetto di sua bontà, di sua gentilezza.
LIS. (Mi viene volontà di cavargli gli occhi).
FIL. Star molte modesta: non fol mi foltati occhi pelli.
PAND. Via, fate una riverenza al signor colonnello.
LIS. (Maladetto). (da sé, senza mai guardarlo)
FIL. Ontertien nigher diener, son fraul. (passa nel mezzo, e si accosta a Lisetta)
LIS. (Furbo impostore). (si allontana un poco)
PAND. Scusi, signor colonnello, è vergognosetta.
FIL. Je afer gran piacere de sua modestia. Mi dar licenza, signore, dir due parole a fostre figlie?
PAND. Oh sì, signore; sono qui ancor io.
FIL. (Lisetta, non mi conoscete?) (piano a Lisetta)
LIS. (Sì, birbante, ti conosco). (piano a Filippo)
PAND. Via, rispondetegli. (a Lisetta)
FIL. Oh afer mi risposto anche troppo. (Non capisco, non so cosa diavolo abbia). (da sé)
PAND. Che dice, signore? Le pare che mia figliuola sia degna de' suoi riflessi?
FIL. Jo restar innamorate de so pellezza e de so pone grazie.
PAND. (Questo sarebbe il miglior partito del mondo). Se mia figliuola avesse la sorte di piacere al signor colonnello, in quanto a me mi chiamerei fortunato. (a Filippo)
FIL. Je star pon soldate, far tutte mie cosse preste: star pronte spossar quande folle.
PAND. E voi che cosa dite, Lisetta?
LIS. Io dico che mi maraviglio di voi, signor padre, che abbiate sì poca prudenza di credere ad uno che non conoscete, che si spaccia per colonnello e potrebbe essere un impostore.
FIL. (Oh povero me! cos'è questo?) (da sé)
PAND. (Per una parte ha ragione; ma sono cose da precipitare). (mostrando il suo timore)
FIL. (Lisetta, dico, non mi conoscete?) (piano a Lisetta)
LIS. (Ti conosco, briccone). (piano a Filippo)
FIL. (Io resto di sasso). (da sé)
PAND. Signore, scusi la libertà di una donna. Si sa che il signor colonnello è una persona di garbo, che darà conto di sé, che si darà da conoscere.
FIL. Jo far ie feder quante pisogne per sicurar mie contizione. (Ho tutto preparato per farmi credere tale, ma costei mi precipita). (da sé)
PAND. E quando il signor colonello avrà giustificato il suo carattere e la sua condizione, sarete di lui contenta? (a Lisetta)
LIS. Signor no, non sarò contenta, e non lo prenderei se mi facesse regina.
FIL. (Che novità, che cambiamento! io non so in che mondo mi sia). (da sé, agitato)
PAND. (Ora ora mi aspetto qualche gran rovina). (da sé osservando le agitazioni di Filippo)
FIL. Segnor Pantolfe. (con smania)
PAND. Scusi, io non ne ho colpa. (a Filippo) Ma perché scioccherella, non sareste di lui contenta? (a Lisetta)
LIS. Perché non gli credo, perché conosco che mi vuol ingannare, perché l'odio, lo abborrisco, non lo voglio assolutamente, lo mando al diavolo. (parte, ed entra nella sua camera)
FIL. (Oh disgraziata! volubile, menzognera). (da sé, smaniando)
PAND. (Con timore) Signore... (povero me) io non ne ho colpa... Colei è una bestia, mi dispiace infinitamente… (camminando) Non vada in collera... Le farò dare soddisfazione... aspetti un poco. (corre in camera e chiude la porta)
FIL. Non so niente, non capisco, son fuor di me. Oh donne, donne! delirio degli uomini, flagello de' cuori, disperazion degli amanti. (parte)