GUD.
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Che in libertà si trattino, e sien le donne illese,
Lo credo un benefizio del clima del paese.
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CAR.
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Oh signor, mi perdoni, veduto io non l’avea;
Che fossevi persona qua dentro io non sapea.
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GUD.
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Un galantuom trovate, che sa nutrire in petto
Per donna d’ogni grado la stima ed il rispetto;
E che ha delle Olandesi un’ottima opinione.
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CAR.
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Signor, è ben bizzarra questa dichiarazione.
Io non sono olandese, ma ovunque sono stata,
Io so che dappertutto la donna è rispettata.
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GUD.
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È ver, dite benissimo; anch’io son di parere,
Che un uom non si fa merito facendo il suo dovere:
Di un umor malinconico scusate i detti vani.
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CAR.
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Via via, non dubitate, che siete in buone mani.
Il padrone ha guarito, con i consigli suoi,
Uomini ipocondriaci assai peggio di voi.
Per dir la verità, signor uomo ammalato,
Il male fin adesso vi ha poco estenuato.
Grasso, rossetto in viso, che malattia è cotesta?
Ho paura, signore, che il mal sia nella testa.
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GUD.
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Non parliam del mio male, vi prego in cortesia.
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CAR.
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Scusi. Con sua licenza.
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GUD.
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Deh, non andate via,
Non mi lasciate solo, graziosa giovinetta.
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CAR.
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Vuol la padrona un libro. È di là che mi aspetta.
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GUD.
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Che libro vi ha richiesto?
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CAR.
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Certo libro italiano
Che tratta delle Analisi, venuto da Milano.
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GUD.
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Han giovinette ancora le femmine olandesi
Di tai studi difficili i loro geni accesi?
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CAR.
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Voi vi maravigliate che la padrona mia
Inclini al dolce studio della geometria?
Stupitevi piuttosto, che con saper profondo
Prodotto abbia una donna un sì gran libro al mondo.
È italiana l’autrice, signor, non è olandese,
Donna illustre, sapiente, che onora il suo paese;
Ma se trovansi altrove scarsi i seguaci suoi,
Ammirasi il gran libro, e studiasi da noi.
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GUD.
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Se tal voi favellate che siete alfin servente,
Qual sarà la padrona?
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CAR.
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Per me non so niente.
Appresi dove sono a dir termini strani,
Appunto come parlano i pappagalli indiani:
Se a giocar, se a ballare, si usasse in questo loco
Vi parlerei del ballo, vi parlerei del gioco.
Ma usandosi da noi miglior divertimento,
Sono avvezzata anch’io parlar di quel che sento.
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GUD.
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Ditemi: la padrona è bella? È giovinetta?
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CAR.
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Nipote è del padrone, qual figlia a lui diletta.
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GUD.
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È giovane?
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CAR.
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È prudente.
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GUD.
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È bella?
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CAR.
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È virtuosa.
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GUD.
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Non rispondete a tuono; domando un’altra cosa.
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CAR.
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Della beltà vi cale, vi cal la giovinezza.
La virtù, la prudenza, vi par poca bellezza?
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GUD.
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Sì, egli è un tesoro, è vero, che l’intelletto appaga.
Capisco che non è né giovane, né vaga.
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CAR.
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Si vede ben, signore, che nella fantasia
Siete guasto alcun poco dalla melanconia.
Perché di lei vi vanto la virtù, la saggezza,
Voi la credete antica, e priva di bellezza.
Non è ver, v’ingannate. I cinque lustri ancora
Non ha compiti; e tale ha beltà, che innamora.
Se non parlai degli anni, se non parlai del volto,
È perché le virtudi si apprezzano più molto.
Ma voi siete un di quelli, sia detto in confidenza,
Che amate, a quel ch’io vedo, l’esterno e l’apparenza.
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GUD.
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No certo; son di quelli che amano il merto vero.
Questa padrona vostra potrà vedersi, io spero.
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CAR.
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Perché no? qua le donne non vivon ritirate;
Sono liberamente vedute e frequentate.
E non crediate già madama una di quelle,
Che sol parlar dilettisi di linee paralelle,
Di circoli o triangoli, di punto e proporzione;
Piace anche a lei di fare la sua conversazione.
Anzi, all’uso di Leiden, figlie di varia età
Si radunano spesso in buona società,
In casa ora di questa, or di quella signora:
Fra loro unitamente si parla, si lavora,
Ora di cose serie, or di gioconde cose,
Sempre però modeste, e sempre spiritose.
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GUD.
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Chi è quel che di là viene? (osservando fra le scene)
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CAR.
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È il padron ch’è arrivato.
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GUD.
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Ecco la mia speranza. Il ciel sia ringraziato.
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CAR.
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Lasciovi in libertà; prendo il libro, e lo porto. (Va
a prendere il libro nella libreria)
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GUD.
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Son dei mesi ch’io peno. Eccolo il mio conforto.
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CAR.
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Vedete quai figure? Vedete in qual impegno (mostrando
il libro aperto a monsieur Guden)
Dalla sapiente donna si è posto il bell’ingegno?
Osservatelo bene. Eh, confessar bisogna,
Che fan femmine tali agli uomini vergogna.
E poi del sesso nostro si sente a mormorare!
Oh quanto, quanto meglio farebbono a studiare! (parte)
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