Carlo Goldoni
Il medico olandese

ATTO QUARTO

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ATTO QUARTO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Giardino delizioso

 

Madama Marianna e Carolina.

 

MAR.

Vieni qui, Carolina, so che tu mi vuoi bene;

Vosvelarti un arcano, ma ciò tacer conviene.

CAR.

Madama, fate torto alla mia fedeltà.

Segreta mi averete per debito e onestà.

MAR.

Quel forestier...

CAR.

V’ho inteso; scusate l’increanza,

Se interrompo il discorso; saper credo abbastanza.

Sono allevata altrove, un po’ di mondo ho visto;

Di onestà, di malizia, credo d’avere un misto.

Possiam fra noi fanciulle parlar liberamente;

Conosco che non siete per esso indifferente.

MAR.

E di lui, che ti pare?

CAR.

Se fosse qualche mese,

Che avesse monsieur Guden soggiorno nel paese,

Giudicherei che fosse di voi appassionato.

Certo che, chi l’osserva, dirà ch’è innamorato.

MAR.

Com’io presi passione (per confidarlo a te),

Non avrebbe potuto prenderla anch’ei per me?

CAR.

Certo, voi dite bene: vogliono che si dia

Quest’amore d’incontro, ovver di simpatia.

MAR.

Vedendoloafflitto, appresi a compatirlo.

CAR.

E ha del merito in fatti; il ver bisogna dirlo.

MAR.

Ma che pro s’io l’amassi? peggio per me saria.

Guarito, o non guarito, un giorno anderà via;

E se per compassione mi fossi innamorata,

Da chi sperar potrei d’esser compassionata?

CAR.

Io di voi avrò sempre tutta la compassione.

MAR.

Eh, vi vorrebbe altro che tal consolazione!

No, no, meglio è troncare, pria che s’avanzi più:

A tal risoluzione consigliami anche tu.

CAR.

Sì, fate ben, signora; alfine è forestiere.

Lo zio di maritarvi non mostra aver piacere;

Scacciate sulle prime questa passion dal seno.

MAR.

Ah Carolina mia, solo in pensarvi io peno.

CAR.

Fate forza a voi stessa; il mal non è avanzato.

MAR.

Par ch’egli mi ami, e dicami che ho un cuor barbaro, ingrato.

CAR.

Sfuggite di vederlo.

MAR.

Piacemi il di lui ciglio.

CAR.

Dunque perché badate a chiedermi consiglio?

MAR.

Vorrei una ragione, che mi obbligasse a farlo.

CAR.

Sia la ragione il zio; sfuggite d’irritarlo.

MAR.

Non è mio padre alfine.

CAR.

Ma seco lui vivete.

MAR.

Non è ragion che basti.

CAR.

Fate quel che volete.

MAR.

Non t’irritar; ti prego di non abbandonarmi.

CAR.

Vedo, conosco, intendo, ch’è vano il faticarmi.

Vi piace; compatisco l’inclinazion, l’età.

Non so che dire; amatelo. Sarà quel che sarà.

MAR.

Sarà quel che sarà? Che può accader di male?

Povera me! l’onore ad ogni amor prevale;

Se l’amar è delitto ancor con innocenza,

Giuro mai più vederlo. Non s’ha d’amar? pazienza.

CAR.

Cara la mia padrona, con tali sentimenti

Non dubitate mai, che il ciel non vi contenti.

Se il cielo per isposo a voi l’ha destinato,

L’avrete in qualche modo da noi non figurato.

MAR.

Cara, tu mi consoli.

CAR.

Dal fondo del giardino

Han preso a questa volta le giovani il cammino.

MAR.

Zitto, per carità.

CAR.

Signora mia, non parlo.

MAR.

Questo pensier malnato non dovea coltivarlo.

 

 

 


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