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Madama Elisabetta, madama Federica, madama Giuseppina dal fondo della scena, e le suddette.
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   ELI.  | 
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   Sempre ai vostri comandi.  | 
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   Bisogna che una grazia, madama, io vi domandi.  | 
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   Sì l’avrete domani.  | 
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   GIU.  | 
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   GIU.  | 
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   ELI.  | 
  
   Certo, l’agricoltura è uno studio bellissimo. In casa mia, il sapete, ho un giardin picciolissimo; Pur vi è un poco di tutto: lasciato il mio lavoro, Prendo nell’ore fresche dolcissimo ristoro.  | 
 
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   CAR.  | 
  
   Ed al paese mio... No, non vo’ dir niente... Vanno sulla finestra a saettar la gente. Dir mal della sua patria non istà ben, l’accordo; Ma spiaccionmi quegli usi, quando me li ricordo.  | 
 
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   GIU.  | 
  
   Madama, in quel recinto chiuso da’ ferri intorno, Di piante sconosciute e di alberetti adorno,  | 
 
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   Vel dirò io: Quello è il giardin dei semplici, lo studio di mio zio. Dentro vi son dell’erbe, che hanno di gran virtù; Ma ancor di velenose.  | 
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   GIU.  | 
  
   Oh, non ci guardo più.  | 
 
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   CAR.  | 
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   CAR.  | 
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   (Ma via, non tormentarmi).  | 
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   CAR.  | 
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   ELI.  | 
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   Possiamo divertirci.  | 
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   ELI.  | 
  
   È troppo presto ancora. Star tutto il giorno in ozio sapete ch’io non amo. Darò, se il permettete, due punti al mio ricamo.  | 
 
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   GIU.  | 
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   ELI.  | 
  
   Mi ricorderò sempre quel detto di mia madre: Figliuole lavorate che le ore sono ladre. Rubano il tempo a noi per darlo a chi succede; E il tempo che han rubato, mai più non si rivede. Volete risarcirvi del furto che vi fanno? Servitevi di loro, e lor vi pagheranno. (parte)  | 
 
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   A proposito, anch’io vo’ raccontar la mia; Come la so, la dico, bella o brutta che sia. Un uomo grossolano, di quei del mondo antico, Ch’era per sua natura del lavorar nemico, Diceva da se stesso: i tempi sono tre; Uno di questi tempi ha da bastar per me. Il passato nol trovo, il presente nol curo, A lavorar vi è tempo aspetterò il futuro. E tanto lo ha aspettato, che alfin per benemerito  | 
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   GIU.  | 
  
   La balia mi diceva, quand’era più fanciulla: Han quelle che lavorano una camiscia sola; Quelle che non lavorano, ne han due, la mia figliuola. Parea che mi dicesse: dunque non lavorate; Ma poi come il proverbio spiegavami, ascoltate. Vi eran, dicea, due donne: una continuamente A lavorar vedevasi, l’altra quasi niente. Quella che due ne aveva, diceva: ho da mutarmi; Non voglio lavorare, non voglio affaticarmi. L’altra non avea tempo di farsene di più, Lavorando per altri. E all’ultimo, che fu?  |