Carlo Goldoni
Il medico olandese

ATTO QUARTO

SCENA QUARTA

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SCENA QUARTA

 

Monsieur Bainer e detta.

 

BAI.

Nipote, ho ben piacere di ritrovarvi sola.

MAR.

Avete a comandarmi?

BAI.

Vodirvi una parola.

MAR.

Eccomi ad ascoltarvi.

BAI.

Udito esser non voglio. (osserva d’intorno)

Prima che altro vi dica, leggete questo foglio.

MAR.

Donde viene, signore?

BAI.

Non lo so ben; mel diede

Un forestier poc’anzi. Nome in lui non si vede.

Monsieur Guden sospetto autor di queste note;

il ver dal vostro labbro voglio saper, nipote;

Ché non sarebbe un uomosciocco e sì balordo,

Di scrivere in tal guisa senza essere d’accordo.

MAR.

(Mi trema il cor). Leggiamo. Mi par che sia firmato:

«Il vostro più fedele, più docile ammalato». (legge in fondo alla lettera)

BAI.

D’aversi rassegnato un merito si fa.

Or veggo a cosa tende la sua docilità.

MAR.

«Amico, stupirete nel leggere il mio foglio,

In cui tutto l’arcano manifestarvi io voglio.

La malattia ch’io soffro, non vien da rio vapore,

Ma quella che mi opprime, è passion d’amore.

Non vi ho manifestato finor le fiamme ignote:

La cagion del mio male è sol vostra nipote».

BAI.

E note alla nipote saran sue fiamme ardite.

MAR.

Qui non si sa chi parli.

BAI.

A leggere seguite

MAR.

«E il fato, che non opera sue stravaganze invano,

Sol per lei mi ha condotto in Leiden da lontano».

BAI.

Vi par or di capirlo? Lo stil vi è sconosciuto

Di un che di Polonia è in Olanda venuto?

MAR.

(Guden sì poco saggio?) (da sé)

BAI.

Seguitate, madama

MAR.

«Conseguirla in isposa è l’unica mia brama.

Da voi per questa via spero esser risanato.

Il vostro più fedele, più docile ammalato».

BAI.

Temerario! il suo male confessa essere amore,

E vuol ch’io gli risani la malattia del cuore?

Tutte le circostanze di questo foglio ardito (riprende il foglio)

Mostrano che da Guden stato sia concepito;

Ma potria darsi ancora ch’io m’ingannassi, e spero

Dalla nipote onesta di rilevar s’è vero.

Parlatemi sincera, col più onorato impegno:

D’amarvi monsieur Guden v’ha mai dato alcun segno?

MAR.

Signor, mi conoscete. Capace di morire

Sarei tacendo ancora, ma non mai di mentire.

Guden cogli occhi suoi, con qualche oscuro detto,

Conoscere mi fece, che ha per me dell’affetto;

Però sì contenuto, sì saggio ei fu finora,

Che autor di questo foglio non so tenerlo ancora.

BAI.

Dubbio rimasi anch’io, leggendo il foglio ardito.

Ma quel che confessate, m’accerta e mi ha chiarito

Di questa carta audace dove cercar l’autore,

Se in lui le prove avete del contumace amore?

Eccolo il forestiere, ch’è di lontan venuto

Col pretesto di chiedere dal mio sapere aiuto:

Ecco l’ipocondriaco, afflitto, delirante,

Scoperto da se stesso della nipote amante.

Ma no, in sì breve tempo amante esser non puote;

Quel che di voi l’accende, è l’amor della dote;

E conoscendo il vile l’avidità del core,

Spiegasi con un foglio, celando il suo rossore.

perfida gente, indegna! animi scellerati,

Che tendono le insidie agli uomini onorati!

Dell’oro e dell’argento avidità rapace,

Che insegna al cuor degli empi ad essere mendace!

Dei rapitori indegni alla proterva cura,

Non è salva innocenza, non è virtù sicura;

Per ottener quel frutto, che gli avidi diletta,

Calpestasi la fede, l’onor non si rispetta.

L’onestà, l’amicizia, le sacre leggi anch’esse

Sagrificate all’idolo fatal dell’interesse;

Perfida gente, ingrata, dove da voi m’ascondo?

Tutte le vie son piene, tutto n’è pieno il mondo.

MAR.

Signore, il vostro sdegno non è fuor di ragione;

E peno in me medesima trovando la cagione.

Se vi obbedii finora...

BAI.

Madama, il vostro cuore

Come toccar s’intese ai segni dell’amore?

MAR.

Ho l’onestà per guida.

BAI.

Lo so; ma internamente

Li sprezzò? Li ha graditi? Ditelo prontamente.

MAR.

Pria morir, che mentire. Signor, confesso il vero:

L’amo, ma lui nol seppe, e non saprallo, io spero;

Né voi giunto sareste a penetrar giammai,

Senza quel foglio indegno, quel che tacer giurai.

BAI.

Figlia, si spera invano celar sott’altro velo

Le passioni malnate, che le discopre il cielo.

Ingannar ci possiamo fra noi nati agli errori:

Occhio lassù ci vede, ch’è scrutator de’ cuori;

E chi arrossisce al mondo svelar gli affetti rei,

Paventi, ed arrossisca degli occhi degli Dei.

Queste massime vere stampatevi nel core;

Deve appagar noi stessi il zelo dell’onore.

Sappia, non sappia il mondo quel che si cela in petto,

Sempre virtù si perde per un indegno affetto.

MAR.

Ah signor, se vedeste qual pentimento ho in seno!

BAI.

Ecco l’indegno. Andate.

MAR.

Vosuperarmi, e peno. (parte)

 

 

 


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