Carlo Goldoni
L'amante militare

ATTO PRIMO

SCENA SECONDA

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SCENA SECONDA

 

Don Garzia e detti.

 

GAR. Amico, buon pro vi faccia.

ROS. Come, signor tenente? Chi vi ha permesso inoltrarvi?

GAR. Oh bella! Per venir a trovare un uffiziale mio camerata, avrò bisogno di far precedere un’ambasciata?

ROS. Queste non sono le di lui camere.

GAR. Saranno le vostre; noi altri uffiziali stiamo volentieri nelle camere delle padroncine di casa. Il Quartier-Mastro ci prepara l’alloggio, e noi ci troviamo la conversazione.

ROS. Don Alonso, se avete affari col vostro amico, potete condurlo nel vostro quarto.

ALON. Don Garzia, favorite di venir meco.

GAR. Quello che vi ho da dire consiste in due parole, e ve le posso dire ancor qui. Molto riservata signora mia, sappiate che fra noi altri uffiziali non ci prendiamo soggezione l’uno dell’altro.

ALON. Ebbene, che mi dovete voi dire?

GAR. Che il comandante ci ha intimata la marcia, che avanti sera saremo tutti sull’armi, ed ecco in iscritto l’ordine che mi ha dato, e per voi, e per me, il nostro sergente.

ROS. (Oh me infelice!) (da sé)

ALON. Perché sull’armi di sera?

GAR. Se faceste meno all’amore, e vi lasciaste vedere ai ridotti, sapreste meglio le novità. Dicesi abbia una spia riferito, che l’inimico abbia divisato sorprendere nella ventura notte quel corpo di nostra truppa, che guarda il monte. Tenderà dunque la nostra marcia a difendere i nostri, e deludere i disegni dell’avversario.

ROS. Se s’incontrano i vostri coi nemici, si batteranno?

GAR. Per qual motivo siamo noi qui? Non si sa che abbiam da combattere?

ROS. (Oh cielo!) (da sé)

ALON. Eh! se l’inimico saprà essere scoperte le di lui trame, non uscirà dalle sue trinciere. Non è in istato di venire a battaglia.

GAR. Sì, sì, lusingatevi pure. Io son di parere che ci daremo una pettinata solenne.

ROS. Don Alonso... (sospirando)

ALON. Via, serenatevi... non sarà così...

GAR. Piangete, eh! Capperi, siete cotta davvero. Mah! Vi vuol pazienza. Consolatevi, che a piangere non siete sola. Io avanti sera con questa nuova ne faccio piangere almeno sei.

ROS. (Ah, che già previdi la mia sventura!) (da sé)

GAR. Animo, animo, signor alfiere, andatevi a preparare, visitate le vostre armi, e disponetevi alla .

ALON. La marcia non è per ora.

GAR. Volete aspettare all’ultimo momento? Via, spicciatevi e venite meco alla piazza. I vostri amici vi attendono.

ALON. A far che?

GAR. A giocare, a bere delle bottiglie, a ridere delle avventure amorose, che in questo nostro quartiere accadute ci sono.

ALON. Dispensatemi; già lo sapete, io non sono portato per alcuno di tali divertimenti.

GAR. Povero giovane! Siete innamorato, eh? Non avete ancora imparato a fare all’amore alla militare. Eh via, che delle ragazze se ne trovano da per tutto; signora perdonatemi, io non pretendo di farvi ingiuria; già anche voi altre fate lo stesso. Partiti che siamo noi, vi attaccate ai vostri paesani.

ROS. Voi sarete avvezzo a trattare con delle frasche.

GAR. Sì, con delle vostre pari.

ROS. Don Alonso...

ALON. Don Garzia, troppo arditamente parlate.

GAR. Niuna femmina mi ha detto tanto, e voi non dovete soffrire che ad un uffiziale vostro amico si dicano delle impertinenze.

ALON. Voi l’avete ingiuriata, e quando anche ciò non fosse accaduto, un uomo onesto non si offende per così poco.

GAR. Io non mi lascio perder il rispetto dalle pettegole.

ROS. Signor tenente, voi vi avanzate troppo.

ALON. Sì, troppo vi avanzate. A una figlia onesta e civile, a una figlia che io stimo ed amo, voi dovete portar rispetto.

GAR. Come! Vi riscaldate cotanto per una scioccherella?

ALON. Don Garzia, venite fuori di questa casa.

GAR. Sì, andiamo. Non ho paura di voi. (parte)

 

 

 


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