Carlo Goldoni
Il Moliere

ATTO SECONDO

SCENA UNDICESIMA

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SCENA UNDICESIMA

 

Valerio e detto.

 

VAL.

Molier, son prese tutte le logge del teatro,

I posti del parterre, quei dell’anfiteatro;

E il popol curioso, ripieno di contento,

Di veder l’Impostore sollecita il momento.

MOL.

Vorrei che andasse a foco il teatro e le scene,

E i comici e le donne alle tartaree pene.

VAL.

Signor, ben obbligato. Dove l’autor mandate?

MOL.

A divertir Plutone fra l’anime dannate.

VAL.

Queste parole sono da uomo disperato.

MOL.

Parole da mio pari.

VAL.

Oimè! che cosa è stato?

MOL.

Sdegnata la Béjart, non so per qual cagione,

Di sé, della figliuola, contro al dover dispone.

Che in scena non verranno protesta in faccia mia;

Ragion di ciò le chiedo, m’insulta e fugge via.

Vi è nota l’odiosa superbia di tai donne.

Io non ho sofferenza di taccolar con gonne.

VAL.

Come! di quelle stolte sarà dunque in balia

All’ultima rovina ridur la compagnia?

Pur troppo abbiam sofferto, per causa dei nemici,

Senza guadagno alcuno, de’ giorni aspri infelici.

Mi sentiran ben esse, e meco parleranno

Tutti i compagni nostri, per non soffrire il danno.

Molier, non dubitate, in scena le vedrete.

Minaccerò, se giova, le femmine indiscrete. (parte)

 

 

 


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