Carlo Goldoni
Il Moliere

ATTO QUARTO

SCENA QUARTA

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SCENA QUARTA

 

Foresta, poi la Béjart e Isabella.

 

FOR.

Forz’è che la coscienza davvero lo rimorda;

Di tutto si spaventa chi ha la camicia lorda.

Ecco le due rivali. (chiude l’uscio dov’è Pirlone)

BÉJ.

Credi tu, sudiciola, (a Isabella)

Ch’io non intenda appieno ogni atto, ogni parola?

T’osservo quando parli, osservo dove guardi.

Quando passa Moliere, gli dài languidi sguardi;

Volgi le meste luci amorosette in giro, (con ironia)

Mandando dal bel labbro talor qualche sospiro;

Seder procuri in faccia al dolce tuo tiranno,

E fai mille versacci, che recere mi fanno.

Sì, sì, seguita pure, io troncherò la berta;

Affè, non mi corbelli, starò cogli occhi all’erta.

ISAB.

Dir posso una parola?

BÉJ.

Via, che vuoi dirmi, ardita?

ISAB.

Chiudetemi in ritiro a terminar mia vita.

BÉJ.

Chiuderti in un ritiro? Eh, son parole vane.

Andar dei sulla scena a guadagnarti il pane.

Ma se di matrimonio t’accende il desiderio,

Per te miglior partito, di’, non saria Valerio?

Vuoi tu ch’io gliene parli?

ISAB.

Per ora sospendete.

Chi sposa non è stata, d’esserlo non ha sete.

BÉJ.

Ah temeraria, indegna! Vuoi tu rimproverarmi?

ISAB.

Signora, qual ragione avete or di sgridarmi?

BÉJ.

Vattene alle tue stanze. Spogliati, e vanne a letto.

Foresta, l’accompagna.

ISAB.

(Io fremo di dispetto.

Ah! se Molier mi sposa, saremo allor del pari.

Vo’ farle scontar tutti questi bocconi amari). (parte con Foresta)

 

 

 


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