Carlo Goldoni
Il Moliere

ATTO QUINTO

SCENA SECONDA

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SCENA SECONDA

 

Isabella in veste da camera, e detto.

 

MOL.

Oimè! Isabella mia...

ISAB.

Eccomi a voi prostrata. (si getta a’ piedi di Moliere)

Mirate ai vostri piedi un’alma disperata.

MOL.

Sorgete, anima mia: oh ciel! che avvenne mai?

ISAB.

Mia madre...

MOL.

Ah madre ingrata! Tu me la pagherai.

ISAB.

Stava dal duolo oppressa...

MOL.

Fermatevi, aspettate. (va a chiuder l’uscio)

Di qui non passerai. Mia vita, seguitate.

ISAB.

Stava dal duolo oppressa fra la vigilia e il sonno,

Che chiudersi del tutto questi occhi miei non ponno:

Quando la genitrice, piena di sdegno il viso,

Venne al mio letticciuolo, gridando: olà, ti avviso,

Alla novella aurora alzati dalle piume.

Disparve, e portò seco senz’altro cenno il lume.

Restai qual chi da tetro sogno fatal si desta:

È mia madre, dicendo, o qualche larva è questa?

Piansi, tremai, poi corsi a rammentar suoi detti;

Ed assalita i’ fui da mille rei sospetti

Perché dovrei levarmi doman pria dell’aurora?

Perché vien ella irata a dirmelo a quest’ora?

Ahimè! la mia rovina al nuovo sol m’aspetto.

L’attenderò, dicea, tranquillamente in letto?

Oimè! Molier, mia vita, ti perdo, se qui resto.

Balzo allor dalle piume: come poss’io, mi vesto,

Apro l’uscio socchiuso, odo russar mia madre,

E quai fra l’ombre vanno timide genti e ladre,

Stendo l’un piede, e l’altro sospendo in aria incerto,

Fin che l’altr’uscio trovo per mia ventura aperto.

Affretto il passo allora, balzo volando in sala,

Ritiro il chiavistello, precipito la scala.

Giungo alle stanze vostre, a voi ricorro ardita,

Eccomi ai vostri piedi a domandarvi aita.

MOL.

Deh alzatevi. Ah, Isabella, che mai faceste? Oh Dio!

Cagliavi l’onor vostro, vi caglia l’onor mio.

Di notte una fanciulla discinta, senza lume,

Mentre la madre dorme, abbandonar le piume?

Che dir farà di voi un animoardito?

ISAB.

Diran che amor condusse la sposa al suo marito.

MOL.

Ma come dir lo ponno, se tali ancor non siamo?

ISAB.

Oh ciel! di qui non parto, se tai non diveniamo.

A questo ardito passo per voi guidommi amore.

Sollecita mi rese di perdervi il timore.

Se a voi nota è la colpa, cui nota è la cagione,

Voi riparar potete la mia riputazione.

Porgetemi la destra, e coll’anello in dito

Dir potrò: Che volete? Moliere è mio marito.

MOL.

Oh caso inaspettato! Cara Isabella mia,

Di rimediar domani di me l’impegno sia.

Tornate onde veniste, rider di noi non fate.

ISAB.

Ah, misera ingannata! Crudel, voi non mi amate.

Avrà la genitrice, con sue lusinghe e vezzi,

Comprato l’amor vostro, comprati i miei disprezzi.

Ma se da voi che adoro, barbaro! son tradita,

Posso a chi diedi il cuore, donare ancor la vita.

Tornar più non mi dice, tornar più non vogl’io.

Perduta ho la mia pace, perduto ho l’onor mio.

Farò che il mondo sappia chi fu del mal cagione,

E andrò dove mi porta la mia disperazione.

MOL.

Isabella, mia vita...

ISAB.

Molier, mia cruda morte...

MOL.

Fermatevi, mia cara, sarò di voi consorte.

ISAB.

Se tale ora divengo, l’onor vi reco in dote:

Scema, se al volgo ignaro tali follie son note.

Tanti sospiri e tanti, sparsi non siano invano...

MOL.

Ah, resista chi puote... Mio bene, ecco la mano.

Mia sposa, ecco, vi rendo.

ISAB.

Or son contenta appieno.

Frema la genitrice, e crepi di veleno.

MOL.

Domani il sacro rito si compirà.

ISAB.

L’anello

Datemi almen.

MOL.

Prendete. (si leva uno de’ suoi)

ISAB.

Oh caro! oh quanto è bello!

Voi ponetelo al dito.

MOL.

Sì, ve l’adatto io stesso. (lo prende, e glielo pone al dito)

ISAB.

Venga la genitrice, venga a sgridarmi adesso.

MOL.

Ma non convien, mia vita, che noi restiam qui soli.

ISAB.

Oh come mi stai bene! oh quanto mi consoli! (parla con l’anello)

MOL.

Ho degli amici in casa, che stetter meco a cena:

Troppo lor sembrerebbe ridicola la scena.

Venite in questa stanza, e stateci sicura. (accenna la stanza ove è entrato Pirlone)

ISAB.

E vi dovrei star sola? Morrei dalla paura.

MOL.

Lunga non fia la notte. Verrà con voi Foresta.

Siate saggia, Isabella, quanto voi siete onesta.

Ecco il lume. Apro l’uscio. Entrate, io vi precedo.

ISAB.

V’andrò mal volentieri.

MOL.

Ah traditor, che vedo? (apre l’uscio e vede Pirlone)

 

 

 


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