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   Eccomi a voi prostrato. Così vuol la mia sorte; 
  Schernitemi voi pure, datemi pur la morte. 
  Non è che a’ vostri piedi mi getti un vil timore; 
  Mi guida il pentimento, il rimorso, il rossore. 
  In quel recinto oscuro1 il ciel m’aperse un
  lume, 
  Mi fece il mio periglio pensare al mio costume; 
  E il popolo commosso contro Pirlone a sdegno, 
  Essere m’assicura dell’altrui fede indegno. 
  Temei de’ carmi vostri l’aspre punture acute, 
  Qual s’odia dall’infermo chi porge a lui salute; 
  E feci ogni mia possa per occultare al mondo 
  L’immagine d’un tristo, che mi somiglia a fondo. 
  Pentito d’ogni errore, l’usure mie detesto, 
  Rinunzio all’impostura, al vivere inonesto; 
  A voi, al mondo tutto mi scopro qual io sono, 
  E delle trame indegne, Molier, chiedo perdono. 
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