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FATIMA: Ah qual astro infelice uscir mi fe'alla luce?
Quale destin protervo della mia vita è il duce?
Un momento di bene aver non spero al mondo;
Veggo a ogni mal che arriva, succedere il secondo.
Non basta che alla sorte m'accheti e mi rassegni,
Le mie rassegnazioni mi accrescono gl'impegni.
Ed ora che Machmut farmi dovria contenta
Temo la mia nemica, e il padre mi spaventa.
IBRAIMA: Fatima, siam qui tutte a domandar consiglio:
Di noi che farà il padre, or che fuggito è il figlio?
FATIMA: Non saprei dirlo, amiche; sopra di voi ragione
Ha Machmut istesso, ch'è padre e ch'è padrone.
LISCA: Certo la schiavitudine ad ogni mal prevale.
Ma un giovine in serraglio servire è minor male.
Da un padrone avanzato vedere a comandarmi,
È il peggio a che la sorte or potea condannarmi.
FATIMA: Quando servir dovete, dell'età sua che importa?
LISCA: Talor la gioventude ci allegra e ci conforta
Schiava di un uomo carico e d'anni e di pensieri,
Fatima, vi stareste voi pur mal volentieri.
FATIMA: Anche a servir costretta soffrirei la mia sorte
ZAMA: Eh Fatima ha bel dire, che ha un giovine in consorte!
E appena un ne ha perduto, un altro ne ha trovato;
Ed or vivrà contenta, se prima ha sospirato
Noi altre condannate a vivere in prigione,
Siam prive dello sposo, e prive del padrone.
IBRAIMA: Fatima, che ha per noi un cuor tanto amoroso,
Potrebbeci al serraglio condur del di lei sposo.
FATIMA: D'Alì non so ben anche qual sia l'inclinazione;
Seguir potrebbe anch'egli lo stil della nazione.
Schiave soffrirò in casa senz'onta e senza orgoglio
Ma ciò co' miei consigli promovere non voglio. (parte)