Carlo Goldoni
Ircana in Ispaan

ATTO SECONDO

Scena Ottava. Ircana e Fatima

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Scena Ottava. Ircana e Fatima

 

FATIMA: Qual stravagante umore nella custode io veggio!

Spiacemi se al governo star della vecchia io deggio.

IRCANA: Qual siasi la custode premer dovriati poco:

D'Alì dovrà la sposa passar in altro loco.

FATIMA: Vuole Machmut ch'io resti quivi allo sposo unita:

A parte de' suoi beni noi, generoso, invita.

Torna ver me sdegnato il padre mio furente,

Machmut mi difende.

IRCANA: E Tamas vi acconsente?

E Fatima, che in seno ha virtù peregrina,

Di vivere non teme al giovane vicina? (con ironia)

FATIMA: Sazia non sei tu ancora di provocarmi a sdegno?

Giunta ti vidi, Ircana, delle tue mire al segno.

Tamas è sposo tuo, sei del suo cuor signora;

Sola trionfi e godi, e non ti basta ancora?

IRCANA: No, non mi basta: il cuore debole in lui conosco,

Facile amor vi sparge per leggerezza il tosco.

E sempre, a te vicino, aver degg'io sospetto

Che possa l'incostante dividere l'affetto.

FATIMA: Fai torto ai pregi tuoi, temendo il mio potere,

Ma sono i tuoi rimorsi che ciò a te fan temere;

Paventi giustamente mirare alfin pentito

Del laccio lusinghiero un cuor che mi hai rapito.

IRCANA: Tu d'involar pensavi cuor che a me si aspettava.

FATIMA: Sposa di lui fui scelta; ceder dovea la schiava.

IRCANA: Ora di schiava il nome cambiato ho in quel di moglie;

Son del suocero in casa, padrona in queste soglie.

FATIMA: Sì, di Fatima in grazia, che per pietà sottratto

Ha il tuo seno alla morte.

IRCANA: Per ambizion l'hai fatto.

Colla pietà che meco dissimulando usasti,

Del padre e dello sposo l'amor ti guadagnasti.

L'arte conobbi allora del tuo disegno ascoso.

FATIMA: Arte per te felice, che ti diè vita e sposo.

IRCANA: Sì, del tuo cuore ad onta, Tamas è sposo mio.

FATIMA: Non mel vantare in faccia, che la cagion son io.

IRCANA: Merito invan pretende l'involontaria aita.

FATIMA: Gratitudine merta chi serba altrui la vita.

IRCANA: Via da me che pretendi? Tu mi salvasti, è vero,

Colla pietà coprendo l'idea del tuo pensiero.

L'opera tua giovommi; pensar deggio a premiarla.

Vuoi per mercé lo sposo? Vuoi ch'io tel renda? Parla.

FATIMA: No, non pretendo un cuore che abbandonommi ingrato.

Lieta son io di sposo che mi concede il fato.

Tamas sia tuo per sempre, fin che tu resti in vita;

Basta che tu mi parli meno orgogliosa e ardita.

Bastami dal tuo seno ogni livor rimosso;

Venderti a minor prezzo le mie ragion non posso.

Non nego esserti amica, non temo i sdegni tuoi;

Amami, se ti cale, odiami, se tu vuoi.(parte)

 


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