Carlo Goldoni
Ircana in Ispaan

ATTO TERZO

Scena Settima. Osmano e detto; poi Fatima

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Scena Settima. Osmano e detto; poi Fatima

 

OSMANO: Perfido, arresta il passo.

Oppressi dalla forza fuggono i miei guerrieri,

Ma il cor del duce Osmano avvilir non si speri.

Sottratto da' miei colpi per ora il figlio indegno,

Contro del genitore vo' satollar lo sdegno.

MACHMUT: Non mi spaventi, Osmano: tanto ho valor che basta

Per rintuzzar chi ardito alla ragion contrasta.

OSMANO: Vieni, se hai cor.

MACHMUT: Son teco. (combattono ed Osmano disarma Machmut)

Oh sorte mia funesta!

OSMANO: Perfido, morirai. (in atto di ferirlo)

FATIMA: Ah genitor, ti arresta. (corre in difesa di Machmut, frapponendosi al colpo)

OSMANO: Sempre, figlia insensata, fin nell'onor offesa,

De' tuoi nemici indegni ti mirerò in difesa?

FATIMA: Padre, sai tu chi sia quel che ferire or tenti?

OSMANO: Cagion del mio rossore, cagion de' tuoi tormenti.

FATIMA: No, genitor, inganni. Egli è un eroe pietoso,

Che padre a me si mostra, benefico, amoroso.

Contro del figlio ingrato arse per me di sdegno.

Prese a mio pro egli stesso il più efficace impegno,

Usandomi lo sposo per debolezza inganno,

Dell'onor mio propose di riparare il danno.

Sposa d'Alì mi fece, pieno d'amor, di fede,

Figlia d'amor mi vuole, di sue ricchezze crede.

Con tal bontà mi tratta, con tal dolcezza umana,

Che non gradir suoi doni fora protervia insana

Placati, ch'ei lo merta; credimi a quel ch'io dico.

Degno è del tuo rispetto chi del tuo sangue è amico.

MACHMUT: (Oh virtù senza pari!)

OSMANO: Vanti i suoi pregi invano,

in faccia al padre offeso, in faccia di un Osmano.

Tamas fec'io tuo sposo; esser lo dee, lo giuro,

O andar costui non speri dal mio furor sicuro.

FATIMA: Tu per me fremi a torto. Sono d'Alì contenta.

Del cambio dello sposo non temer ch'io mi penta.

Se in grazia della figlia arde il tuo cor sdegnato,

Fatima è già felice: sia il genitor placato.

OSMANO: Sia il tuo piacer verace, sia falso e menzognero,

Non mi sperar cogli empi meno inimico e fiero.

Può perdonar gl'insulti cuore di donna offeso,

Non li perdona Osmano, di giusto zelo acceso.

Scorgo dai molli accenti che donna vil tu sei:

Se tu perdoni i torti, io non perdono i miei.

MACHMUT: Mostri da ciò, spietato, mostri che apprezzi meno

Della tua figlia istessa bella virtude in seno.

Tu di furor ti vanti; ella di gloria abbonda;

Quale di voi più merta?

OSMANO: Il ferro mio risponda. (avventandosi contro Machmut)

FATIMA: Ah non fia mai. (si frappone)

OSMANO: Ritira, figlia, dal ferro il petto,

O non sperar mi giunga ad avvilir l'affetto.

In faccia mia ti toglie della natura il dritto,

Labbro che a pro di un empio approva il suo delitto.

Figlia di lui ti vanti? più padre tuo non sono.

Odio il tuo sangue istesso; no, non sperar perdono.

Se più del padre offeso di chi l'insulta hai stima,

Rea della colpa istessa, mori, crudel, tu in prima.(s’avventa contro Fatima)

MACHMUT: Ferma, inumano. (si pone in difesa di Fatima)

 


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