Carlo Goldoni
Ircana in Ispaan

ATTO QUINTO

Scena Nona. Un Servo e detti, poi Osmano

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Scena Nona. Un Servo e detti, poi Osmano

 

SERVO: Signor, da' lacci sciolto, brama vederti Osmano. (a Machmut)

MACHMUT: Venga, sentiam quel core s'è impietosito o altero

FATIMA: (Ah che pavento, e tremo).

TAMAS: (Ah che più ben non spero).

OSMANO: Oh Machmut, oh amico, tenero al sen ti stringo.

Esser grato qual devo a te non mi lusingo.

L'opra so generosa del tuo sincero affetto:

Figlia, mia cara figlia, vien che ti stringa al petto.

Genero, Alì mio fido, sì, che tuo padre io sono.

Tamas, della tua colpa mi scordo, e ti perdono.

Vidi nel carcer tetro l'orror non della morte,

Che cento volte e cento la disprezzai da forte;

Ma l'onor mio perduto vidi in orrido aspetto,

E risarcir le macchie dell'onor mio prometto.

Sì, che mi aspetti il Trace più dell'usato altero,

Fin nella reggia istessa dell'ottomano impero.

Suderò della gloria per i smarriti allori,

Sarà di Machmut il prezzo dei sudori.

L'oro avrai che spendesti per me, tra ferri esangue;

A te devo la vita, a te dovuto è il sangue.

Vivo ai trionfi ancora, al mio destin perdono.

Pace vi rendo, amici, pace vi chiedo in dono.

MACHMUT: Dalla bontà che mostri, anima illustre e grata,

Tutta la mia pietade è ben ricompensata.

Un solo don ti chiedo, e dal tuo cor l'aspetto:

Fatima tua rimetti nel tuo primiero affetto.

Lei collo sposo accogli, Osman, con liete ciglia;

Ma non negar ch'io possa Fatima dir mia figlia.

OSMANO: Sì, figlia tua sia sempre per l'amorosa cura,

Ma Fatima d'Osmano figliuola è per natura.

Non ricusar che Fatima passi al tetto natio.

Alì vengavi seco, genero e figlio mio.

Vado a pugnar: se il fato tornar non mi concede,

Lo sposo della figlia sarà di me l'erede.

E l'amor tuo sì forte, ch'io lodo e benedico,

Faccia che in te, s'io manco, lor serbi un vero amico.

Prendi, s'è ver che li ami, di regolarli il pondo,

Ché più del sangue istesso val l'amicizia al mondo.

MACHMUT: Fatima, or son contento. Osman padre ti accoglie

Vattene collo sposo, vanne alle patrie soglie.

Sempre ti sarò padre, figlia discreta, umana.

, vivrai tu in pace? sarai contenta, Ircana?

IRCANA: Ah, mio signor, qual grazia! Suocero mio, qual dono!

Sposo, diletto sposo, sì, che contenta or sono.

Deh Fatima, perdona il mio geloso eccesso;

Perdona, Alì cortese, perdoni Osmano anch'esso.

N on mi vedrete un giorno turbar sdegnoso il ciglio;

Sarò obbediente al padre, sarò amorosa al figlio.

Dubbio non v'è ch'io senta voglia proterva insana:

Ecco che lieto han fine le avventure d'Ircana.

 


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