Carlo Goldoni
Pamela maritata

ATTO PRIMO

SCENA SETTIMA   Milord Bonfil poi Isacco

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SCENA SETTIMA

 

Milord Bonfil poi Isacco

 

BONF. Milord Artur da solo a sola colla mia sposa? Che male c'è? non può stare?... Ma perché durante il loro colloquio ricusar di ricevere un'altra visita? Sarà, perché ella il cavaliere Ernold non lo può soffrire; e il cavaliere, disgustato di essere male accolto, o avrà pensato male di lei, o la vorrà inquietar per vendetta. Milord Artur non è capace... Ma perché a fronte del cavaliere non ha voluto giustificarsi? Perché adirarsi a tal segno? Perché promovere una contesa? Queste risoluzioni non si prendono senza una forte ragione. Milord è cavaliere, è mio amico, ma è uomo come son io, e la mia Pamela è adorabile. Sì, è adorabile la mia Pamela, e appunto per questo mi pento di aver dubitato un momento della sua virtù. Non la rende amabile soltanto la sua bellezza, ma la sua onestà. Al naturale costume onesto vi si aggiunge ora la cognizione del proprio sangue, il nodo indissolubile che la fece mia, la gratitudine ad un marito che l'ama. No, non è possibile, né per la parte di lei, né per la parte di Artur. Il cavaliere Ernold è un indegno, è un impostore; gli ho perdonato una volta, non gli perdonerò la seconda. Chi è di ?

ISAC. Signore.

BONF. Dov'è il cavaliere?

ISAC. In galleria, con miledi Daure.

BONF. È qui mia sorella!

ISAC. Sì, signore.

BONF. Ha veduto mia moglie?

ISAC. Non signore.

BONF. Che fa, che non si lascia vedere?

ISAC. Parla in segreto col cavaliere.

BONF. Col cavaliere?

ISAC. Sì, signore.

BONF. Di' a tutti due, che favoriscano di venir qui. No, fermati, anderò io da loro.

ISAC. Ecco miledi Daure.

BONF. Ritirati.

ISAC. Sì, signore. (parte)

 

 

 


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