Carlo Goldoni
Pamela nubile

ATTO PRIMO

SCENA XVI   Il Cavaliere Ernold ed Isacco, che accomoda un'altra sedia, e detti

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SCENA XVI

 

Il Cavaliere Ernold ed Isacco, che accomoda un'altra sedia, e detti.

 

ERN. (con aria brillante) Milord Bonfil, milord Artur, cari amici, miei buoni amici, vostro servitor di buon cuore.

BON. Amico, siate il benvenuto. Accomodatevi.

ART. Mi rallegro vedervi ritornato alla patria.

ERN. Mi ci vedrete per poco.

ART. Per qual causa?

ERN. In Londra non ci posso più stare. Oh bella cosa il viaggiare! Oh dolcissima cosa il variar paese, il variare nazione! Oggi qua, domani . Vedere i magnifici trattamenti, le splendide corti, l'abbondanza delle merci, la quantità del popolo, la sontuosità delle fabbriche. Che volete che io faccia in Londra?

ART. Londra non è città che ceda il luogofacilmente ad un'altra.

ERN. Eh, perdonatemi, non sapete nulla. Non avete veduto Parigi, Madrid, Lisbona, Vienna, Roma, Firenze, Milano, Venezia. Credetemi, non sapete nulla.

BON. Un viaggiatore prudente non disprezza mai il suo paese. Cavaliere, volete il ?

ERN. Vi ringrazio, ho bevuto la cioccolata. In Ispagna si beve della cioccolata preziosa. Anche in Italia quasi comunemente si usa, ma senza vainiglia, o almeno con pochissima, e, sopra ogni altra città, Milano ne porta il vanto. A Venezia si beve il caffè squisito. Caffè d'Alessandria vero, e lo fanno a maraviglia. A Napoli poi conviene cedere la mano per i sorbetti. Hanno de' sapori squisiti; e quello ch'è rimarcabile per la salute, sono lavorati con la neve, e non col ghiaccio. Ogni città ha la sua prerogativa, Vienna per i gran trattamenti, e Parigi, oh il mio caro Parigi poi, per la galanteria, per l'amore! Bel conversare senza sospetti! Che bell'amarsi senza larve di gelosia! Sempre feste, sempre giardini, sempre allegrie, passatempi, tripudi. Oh che bel mondo! Oh che bel mondo! Oh che piacere, che passa tutti i piaceri del mondo!

BON. (chiama) Ehi?

ISAC. Signore.

BON. Porta un bicchiere d'acqua al cavaliere.

ERN. Perchè mi volete far portare dell'acqua?

BON. Temo che il parlar troppo v'abbia disseccata la gola.

ERN. No, no, risparmiatevi questa briga. Dacchè son partito da Londra, ho imparato a parlare.

BON. S'impara più facilmente a parlar che a tacere.

ERN. A parlar bene non s'impara così facilmente.

BON. Ma chi troppo, non può parlar sempre bene.

ERN. Caro Milord, voi non avete viaggiato.

BON. E voi mi fate perdere il desio di viaggiare.

ERN. Perchè?

BON. Perchè temerei anch'io d'acquistare dei pregiudizj.

ERN. Pregiudizio rimarcabile è l'ostentazione che alcuni fanno di una serietà rigorosa. L'uomo deve essere sociabile, ameno. Il mondo è fatto per chi sa conoscerlo, per chi sa prevalersi de' suoi onesti piaceri. Che cosa volete fare di questa vostra malinconia? Se vi trovate in conversazione, dite dieci parole in un'ora; se andate a passeggiare, per lo più vi compiacete d'essere soli; se fate all'amore, volete essere intesi senza parlare; se andate al teatro, ove si fanno le opere musicali, vi andate per piangere, e vi alletta solo il canto patetico, che solletico all'ipocondria. Le commedie inglesi sono critiche, instruttive, ripiene di bei caratteri e di buoni sali, ma non fanno ridere. In Italia almeno si godono allegre e spiritose commedie. Oh se vedeste che bella maschera è l'Arlecchino! È un peccato, che in Londra non vogliano i nostri Inglesi soffrir la maschera sul teatro. Se si potesse introdurre nelle nostre commedie l'Arlecchino, sarebbe la cosa più piacevole di questo mondo. Costui rappresenta un servo goffo ed astuto nel medesimo tempo. Ha una maschera assai ridicola, veste un abito di più colori, e fa smascellar dalle risa. Credetemi, amici, che se lo vedeste, con tutta la vostra serietà sareste sforzati a ridere. Dice delle cose spiritosissime. Sentite alcuni de' suoi vezzi che ho ritenuti in memoria. Invece di dir padrone, dirà poltrone. In luogo di dir dottore, dirà dolore. Al cappello dirà campanello. A una lettera, una lettiera. Parla sempre di mangiare, fa l'impertinente con tutte le donne. Bastona terribilmente il padrone...

ART. (si alza) Milord, amici, a rivederci. (parte)

ERN. Andate via? Ora me ne sovviene una bellissima per la quale è impossibile trattenere il riso. Arlecchino una sera in una sola commedia, per ingannare un vecchio che chiamasi Pantalone, si è trasformato in un moro, in una statua movibile, e in uno scheletro, e alla fine d'ogni sua furberia regalava il buon vecchio di bastonate.

COU. (si alza) Amico, permettetemi. (Non posso più.) (parte)

ERN. (a Bonfil) Ecco quel che importa il non aver viaggiato.

BON. Cavaliere, se ciò vi fa ridere, non so che pensare di voi. Non mi darete ad intendere che in Italia, gli uomini dotti, gli uomini di spirito, ridano di simili schioccherie. Il riso è proprio dell'uomo, ma tutti gli uomini non ridono per la stessa cagione. V'è il ridicolo nobile, che ha origine dal vezzo delle parole, dai sali arguti, dalle facezie spiritose e brillanti. Vi è il riso vile, che nasce dalla scurrilità, dalla scioccheria. Permettetemi ch'io vi parli con quella libertà, con cui può parlarvi un congiunto, un amico. Voi avete viaggiato prima del tempo. Era necessario che ai vostri viaggi faceste precedere i migliori studj. L'istoria, la cronologia, il disegno, le matematiche, la buona filosofia, sono le scienze più necessarie ad un viaggiatore. Cavaliere, se voi le aveste studiate prima di uscir di Londra non avreste fermato il vostro spirito nei trattamenti di Vienna, nella galanteria di Parigi, nell'Arlecchino d'Italia. (parte)

ERN. Milord non sa che si dica; parla così, perchè non ha viaggiato. (parte)

 

 


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