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SCENA III
JEV. Sa che siete sdegnato, ed è partito.
BON. Lo raggiungerò. (in atto di voler partire)
JEV. È arrivato in questo punto il padre di Pamela.
BON. Il padre di Pamela? Che vuole?
JEV. Vuole condur seco sua figlia.
JEV. Voi non l'avete accordato?
BON. Dove trovasi questo vecchio?
JEV. In una camera con sua figlia.
BON. Or ora mi sentirà. (parte)
ART. Ecco come una passione cede il luogo ad un'altra. L'amore ha superato lo sdegno.
JEV. Signore, che cosa ha da essere di questo mio povero padrone?
ART. Egli è in uno stato che merita compassione.
JEV. Com'è accaduto il suo svenimento? Dalla sua bocca non ho potuto ricavare un accento.
ART. Egli non faceva che sospirare; e appena usciti di Londra, mi cadde fra le braccia svenuto.
JEV. Avete fatto bene a tornare indietro.
ART. Lo soccorsi con qualche spirito, ma solo alla vista di questa casa riprese fiato.
JEV. Qui, qui vi è la medicina per il suo male.
JEV. È onestissima.
ART. È necessario che da lui si divida.
JEV. Ma non potrebbe...
ART. Che cosa?
ART. Madama Jevre, questi sentimenti non sono degni di voi. Se amate il vostro padrone, non fate sì poco conto dell'onor suo.
JEV. Ma ha da morir dal dolore?
ART. Sì, piuttosto morire, che sagrificare il proprio decoro. (parte)
JEV. Che si abbia a morire per salvar l'onore, l'intendo; ma che sia disonore sposare una povera ragazza onesta, non la capisco. Io ho sentito dir tante volte che il mondo sarebbe più bello, se non l'avessero guastato gli uomini, i quali per cagione della superbia hanno sconcertato il bellissimo ordine della natura. Questa madre comune ci considera tutti eguali, e l'alterigia dei grandi non si degna dei piccoli. Ma verrà un giorno, che dei piccoli e dei grandi si farà nuovamente tutta una pasta. (parte)