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SCENA IX
LON. (vuol partire senza dir nulla)
BON. Buon vecchio. (dolcemente) Pamela vi sta sul cuore?...
JEV. (piano a Pamela) (Il padrone mi sembra gioviale.)
PAM. (piano a Jevre) (Sarà lieto, perchè io parto. Pazienza.)
BON. Pamela, io vi ho mandata a chiamare, e voi non siete venuta.
PAM. Perdonatemi questa nuova colpa.
BON. Perchè quell'abito così succinto?
PAM. Adattato al luogo dove io vado.
BON. Perchè quel cappellino così grazioso?
BON. Non sarebbe meglio partir adesso?
PAM. (piano a Jevre) (Non mi può più vedere.)
JEV. (piano a Pamela) (Questa è una gran mutazione.)
BON. Jevre, preparate l'appartamento per la mia sposa.
PAM. (piano a Jevre) (Ora intendo, perchè ei sollecita la mia partenza.)
JEV. Un matrimonio fatto sì presto?
BON. Sì, fate che le stanze siano magnificamente addobbate. Unite tutte le gioje che sono in casa; e per domani fate che vengano de' mercanti e de' sarti, per dar loro delle commissioni.
PAM. (da sè) (Io mi sento morire.)
JEV. Signore, perdonate l'ardire. Posso io sapere chi sia la sposa?
BON. Sì, ve lo dirò. È la contessa d'Auspingh, figlia di un cavaliere scozzese.
PAM. (da sè, sospirando) (Fortunatissima dama!)
BON. Che avete, Pamela, che piangete?
PAM. Piango per l'allegrezza di vedervi contento.
BON. Ah Jevre, quant'è mai bella la mia contessa!
JEV. Prego il cielo, che sia altrettanto buona.
JEV. (Povera Pamela! Or ora mi muore qui.)
BON. Sapete voi com'ella ha nome?
BON. Non è ancor tempo che lo sappiate. (a Jevre) Partite.
PAM. Madama, aspettatemi.
BON. Ella parta, e voi restate.
BON. Non più; (a Jevre) obbeditemi.
JEV. (da sé) (Pamela mia, il cielo te la mandi buona.) (parte)