Carlo Goldoni
Il padre per amore

ATTO PRIMO

SCENA SECONDA   Il cavaliere Ansaldo, poi il Principe don Fernando e Beltrame

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SCENA SECONDA

 

Il cavaliere Ansaldo, poi il Principe don Fernando e Beltrame.

 

CAV.

Spenderei la mia vita pel mio cocente amore.

Tentisi pria di tutto di don Fernando il cuore.

FER.

Cavalier, mi vien detto che, pria della sua morte,

Un foglio abbia vergato donn'Anna mia consorte;

E a voi, che per ventura foste colà arrivato,

Abbia, acciò mel recaste, quel foglio consegnato.

CAV.

È ver, la zia tremante dopo il primo accidente,

Per voi formò un viglietto; lo diede a me presente.

Ma il foglio mi richiese, meno dal male oppressa,

Dicendo a mio consorte spero parlare io stessa.

Lacerando lo scritto, seco a partir m'invita,

Ma da un nuovo accidente la misera è colpita.

Chiede a cenni da scrivere, la carta a lei si porta,

La man più non si regge, e in breve tempo è morta.

FER.

Infelice consorte! il ciel me l'ha rapita,

Senz'avermi vicino al fin della sua vita.

Mi amò dal primo istante che a me divenne sposa,

Per tutti i giorni suoi fu sempre a me amorosa.

Perderla non credeva sì presto, e sì repente;

Sono e sarò per questo più misero e dolente.

Chi sa che volea dirmi la sposa sventurata?

Aveste in pezzi almeno la carta a me recata!

CAV.

Allor non si è pensato che a procurarle aita;

Per un secondo messo la nuova ho a voi spedita.

Credei colà vedervi, ma lo sperar fu vano.

FER.

Era per mia sventura vicino al mio Sovrano.

Pria di vedere il messo, pria di esser congedato

Giunse la notte, e seppi l'evento sfortunato.

Ora l'andar che giova dell'infelice accanto

Il cadavere freddo a inumidir col pianto?

CAV.

Sono i sudditi vostri, i vostri servi e amici

Pronti per onorarla ai più divoti uffici.

La virtù vi disponga a serenar le ciglia,

La perdita ristori l'amor di vostra figlia.

FER.

Sì, quest'unico frutto del marital mio letto

È l'unico conforto, che mi rimane in petto.

Dolce, cara Isabella, figlia di genitrice

Con cui, vivendo in pace, passai vita felice;

Per essa raddoppiati saran gli affetti miei

Mirando il cuor dolente la genitrice in lei.

CAV.

Signor, ella è già nubile; se tal dite d'amarla,

di mancar voi stesso, pensate a collocarla.

FER.

Ci penserò.

CAV.

Signore, le preci sue divote

Vi offre per ottenerla un ch'è vostro nipote.

FER.

Chi? Il duca don Luigi?

CAV.

No, non è il fratel mio

Che vi chiede la figlia, no, mio signor son io.

FER.

Nipote, perdonatemi, recami maraviglia

Che da un secondogenito si chieda una mia figlia.

Un cavalier cadetto, un che deve avanzarsi

Nei gradi militari, non pensa a maritarsi.

CAV.

Contro di una tal legge parlar mi sia permesso.

Siam, mio germano ed io, nati da un sangue istesso:

È un semplice accidente, che sia sortito al mondo

Nella medesma culla un primo ed un secondo.

Oltre di ciò, mio padre con amorosa cura

Fece a mio pro una pingue seconda genitura.

Al mestier della guerra, è ver, fui destinato,

Ma posso viver bene senz'essere avanzato.

curo che si legga nella futura istoria:

Il cavaliere Ansaldo è morto per la gloria.

FER.

Nipote, a un vostro pari meglio pensar conviene;

Degli uomini ben nati la gloria è il solo bene.

A voi ed al germano varia i pesi la sorte;

Voi servite alla guerra, egli fatica in Corte.

L'una e l'altra incombenza, se si riflette, è uguale;

È il ben, che ne deriva, proporzionato al male.

Della guerra i disagi sono pesanti, è vero,

Ma ha poi lunghi respiri il militar mestiero;

Ed il servire in Corte, che par men faticoso,

Si rende con il tempo stucchevole e noioso.

Ancor nei vari stati proporzïon si ,

Chi ha moglie ha maggior comodi, chi è solo ha libertà;

E giudicar vi lascio, se rechi maggior pena

La privazion di sposa, o il don di una catena.

CAV.

Io vuò da me medesimo eleggere il mio stato.

Rinunzio a chi li apprezza i beni del soldato.

Posso anch'io da me stesso formare una famiglia.

FER.

Sì, formatela pure; non già colla mia figlia.

CAV.

Lo so che destinate di darla a mio germano,

Ma ch'io lo vegga e taccia, vi lusingate invano.

Anch'io posso offerirvi senza arrossire un nodo;

Ed ho, se il ricusate, di vendicarmi il modo.

FER.

Nipote, meno altero parlarmi io vi consiglio.

Cauto evitar pensate di perder il periglio.

CAV.

Amor mi rende ardito. Voi mi sprezzate a torto.

Da un zio, da un mio germano, gl'insulti io non sopporto.

Signor, perdon vi chiedo. Non manco al mio rispetto.

Vi sarà noto un giorno quel ch'ora chiudo in petto. (parte)

 

 

 


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