| 
   FER. 
   | 
  
   Venite
  alle mie braccia, figlia diletta e cara; 
  Non
  vuò vedervi in volto segni di doglia amara. 
  Chi
  più di me dovrebbe lagnarsi del destino? 
  Ma
  se natura ascolto, me alle sue leggi inchino. 
  E
  voi, dopo aver tanto pianta l'estinta madre, 
  Ora pensar dovete a consolare il padre. 
   | 
 
 
  | 
   ISA. 
   | 
  
   Lo farei se potessi, ma son dolente ancora. 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   È
  di cuor tenerissimo la povera signora. 
  Tento ogni strada invano di serenar quel ciglio. 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Della
  governatrice seguite il buon consiglio; 
  So pur che voi l'amate quanto la madre istessa. 
   | 
 
 
  | 
   ISA. 
   | 
  
   Qual per la madre or piango, io piangerei per essa. 
   | 
 
 
  | 
   LUI. 
   | 
  
   Dolce amabile cuore non sa frenare il duolo. 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Isabella,
  appressatevi, che sì che io vi consolo? 
  So
  che nel vostro petto, oltre l'amor materno, 
  Arde
  segretamente un dolce foco interno. 
  Cara,
  non arrossite, non vi coprite il volto: 
  L'ardor
  non disapprovo, che avete in seno accolto. 
  Anzi
  amar don Luigi vi esorto e vi consiglio: 
  Amatelo qual sposo; l'amo anch'io come figlio. 
   | 
 
 
  | 
   LUI. 
   | 
  
   Deh, gradite i sinceri teneri affetti miei. (a donna
  Isabella) 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Via, parlar vi concedo. (a donna Isabella) 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Parlerò io per lei. 
   | 
 
 
  | 
   ISA. 
   | 
  
   No, di tacer vi prego. (a donna Placida) 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Non può spiacervi, io spero, (a donna Isabella) 
  Malgrado
  a un bel rossore, che si confessi il vero. 
  Signor,
  la giovinetta dal dì che al mondo è uscita (a don Fernando) 
  Finor
  per bontà vostra da me fu custodita. 
  Ella
  serbò mai sempre la candida innocenza, 
  Facendo
  suo diletto la pace e l'obbedienza. 
  Gli
  occhi di don Luigi ebbero tal valore, 
  Che penetraro a forza della fanciulla il cuore. 
   | 
 
 
  | 
   ISA. 
   | 
  
   O Placida
  indiscreta! 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   A me così parlate? 
  Indiscreta a chi v'ama? 
   | 
 
 
  | 
   ISA. 
   | 
  
   Per pietà, perdonate. 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Se il genitor l'accorda, vada il rossore in bando. 
   | 
 
 
  | 
   ISA. 
   | 
  
   Permettete ch'io parta. 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Restate, io vel comando. 
   | 
 
 
  | 
   ISA. 
   | 
  
   Madre mia, soccorretemi. (a donna Placida) 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Figlia diletta, usate 
  Nell'obbedire
  al padre quella virtù che amate. 
  È la
  modestia un dono, che in pochi oggi si vede; 
  Ma
  perde anch'essa il merto, quando i confini eccede. 
  Dir
  che amate ad ogn'altro troppo sareste ardita; 
  Ma
  confessarlo al padre ogni ragion v'invita. 
  Egli
  sul vostro cuore ha un dritto di natura, 
  E nascondendo
  il cuore, tal dritto a lui si fura. 
  Son
  due virtù gemelle rispetto ed obbedienza. 
  Ora parlar dovete del padre alla presenza. 
   | 
 
 
  | 
   ISA. 
   | 
  
   Ma non è solo il padre. (a donna Placida) 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Ah sì. Ha ragion, signore; 
  Non può, il Duca presente, parlar senza rossore. 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Bella innocenza amabile! 
   | 
 
 
  | 
   LUI. 
   | 
  
   Signor, quella virtù 
  Che
  a tacer la consiglia, favella ancora più. 
  A
  parlar non si sforzi la giovane innocente; 
  L'occhio
  è assai più del labbro sincero ed eloquente. 
  Prova
  maggior d'affetto dai labbri suoi non bramo, 
  Se cento volte e cento l'occhio mi disse: io t'amo. 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Signore, è in piacer vostro che andiamo a ritirarci? (a
  don Fernando) 
   | 
 
 
  | 
   LUI. 
   | 
  
   Perché partir sì presto? perché di voi privarci? 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Perdonate,
  di grazia, non è la mia signora 
  Avvezza
  a trattenersi in pubblico a quest'ora. 
  Qui
  vien di molta gente, e vuol la convenienza 
  Ch'ella non sia veduta. Andiam. (a donna Isabella) 
   | 
 
 
  | 
   ISA. 
   | 
  
   Con sua licenza. (alli
  due, inchinandosi) 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Dove la condurrete? (a donna Placida) 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   A lavorar, signore; 
  Andrà
  co' suoi ricami contenta a passar l'ore. 
  A
  trapuntare è intenta candida tela e fina, 
  Che presentare in dono al genitor destina. 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Grato
  mi è l'amor vostro, ma un sì gentil ricamo 
  Veder
  più giustamente a collocare io bramo. 
  Offrite
  il bel lavoro, con animo amoroso, 
  Al
  duca don Luigi, ch'è giovane e ch'è sposo. 
  Siete di ciò contenta? (a donna Isabella) 
   | 
 
 
  | 
   LUI. 
   | 
  
   Volete voi ch'io speri? (a
  donna Isabella) 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Ma su via, rispondete. (a donna Isabella) 
   | 
 
 
  | 
   ISA. 
   | 
  
   Sì signor, volentieri. (parte) 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Con licenza, signore. (inchinandosi per partire) 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Di quel piacer ch'io godo 
  Nell'ammirar la figlia, la sua tutrice io lodo. (a donna Placida) 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Quella
  bontà di cuore grazia è del ciel soltanto. 
  Se
  buona è per natura, signor, non è mio vanto. 
  Ho
  fatto il dover mio, quanto ho potuto almeno; 
  E se ne abbiamo il frutto, il merto è del terreno. (parte) 
   |