Non
sai che al sangue illustre, da cui son derivata,
Troppo
mal corrisponde la mia fortuna ingrata?
Che
l'avolo paterno in Corte ha consumato
Il
ricco patrimonio, ministro sfortunato?
E
che a servir costretto il padre mio fra l'armi,
Morì
senz'aver modo nemmen di collocarmi?
Lo
zio, povero anch'egli, di me soffrì lo scherno,
Per
ottener la grazia d'un misero governo.
Ed
io che la mia sorte sperai veder cangiata,
Or
sono all'interesse dal zio sacrificata.
Dove
trovar potrei, in questo o in altro regno,
Del
duca don Luigi sposo di me più degno?
Nato
di sangue illustre, adorno di ricchezza,
Giovine
che il talento accoppia alla bellezza,
Congiunto
in parentela ai principi maggiori,
Che
avrà dal suo sovrano le cariche migliori.
Ed
io che per fortuna l'avvinsi ai lacci miei,
Cederlo
sì vilmente, e perderlo dovrei?
Morir,
morir, più tosto che ritornar meschina
Senza l'illustre sposo a riveder Messina.
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