Carlo Goldoni
Il padre per amore

ATTO QUARTO

SCENA PRIMA   Strada   Il Cavalier Ansaldo e Fabrizio

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ATTO QUARTO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Strada

 

Il Cavalier Ansaldo e Fabrizio.

 

CAV.

Non è l'amor soltanto, che accendami a tal segno.

Per onor, per vendetta, son nel più forte impegno.

Quando ogn'arte possibile abbia tentata invano,

Mi ha da costar la vita, o quella del germano.

FAB.

Parmi ben stravagante che il prence don Fernando,

Un uom di tanta stima, un uomvenerando,

Scoperta la ragazza non essere sua figlia,

L'ami ancor come fosse nata di sua famiglia.

E il duca don Luigi, che tanta gloria ostenta,

Come mai di tai nozze s'appaga e si contenta?

Convien dir che sian ciechi ambi per troppo affetto.

CAV.

Dubito che lo facciano per onta e per dispetto:

Ma ingannasi chi crede sdegnarmi impunemente.

Cento idee di vendetta mi passano per mente.

Inutile fu quella del pubblicato arcano,

Ora nella mia mente fondato ho un nuovo piano.

Sai di donna Marianna l'arrivo a queste mura,

Sai che ottener giustizia la femmina procura;

Ed io, per sostenere l'impegno e la ragione,

La vuò presso la Corte munir di protezione.

Spero per questa strada di essere vendicato,

O che la sposi il Duca, o ch'ei sia rovinato.

FAB.

Può esser che l'intento ad ottener si giunga,

Ma, se ho da dire il vero, la strada è un poco lunga.

Se il Duca un tal maneggio promuovere vi sente,

Potria donna Isabella sposar segretamente.

E quando legalmente il matrimonio è fatto,

Non basta per disciorlo un semplice contratto.

CAV.

Mandiam per tutto Napoli a ricercar costei.

Quel che tu fosti un giorno, Fabrizio, or più non sei.

Fosti un uomo di spirito, sei stolido al presente?

FAB.

Per dirvela, un ripiego mi era venuto in mente.

CAV.

Svelami il tuo pensiere.

FAB.

Sapete che partito

Della governatrice da Napoli il marito,

Per quello che discorrono, all'Indie si ritrova,

E di lui la consorte mai più non ebbe nuova.

Nella città conosco un certo lazzarone,

Che fa del vagabondo la nobil professione.

Al capitan Roberto tanto è simil costui,

Che più di quattro volte l'ho preso anch'io per lui.

Affatto lo somiglia al volto e alla statura,

Han tutti due nel naso egual caricatura;

Ed hanno tutti due, per singolar portento,

Un porro nella guancia, ed un vicino al mento.

CAV.

Possibile tal cosa?

FAB.

Credete a quel ch'io dico.

Io fui, quand'era in Napoli di don Roberto amico;

E quando il lazzarone per strada a me si appressa,

Rinnovo nel vederlo la maraviglia istessa.

Più volte di tal cosa ho seco ragionato;

Dice che da altri ancora fu per error chiamato,

E che trecento volte il capitan creduto,

Quelli della milizia gli diero il benvenuto.

Trovandosi in bisogno mi confidò il briccone,

Che fingersi quell'altro avea la tentazione;

E che se gli riusciva trovar simili spoglie,

Volea di don Roberto deludere la moglie.

CAV.

Stolto! colla consorte passar per suo marito?

FAB.

Son più di sedici anni, ch'è il capitan partito.

Colle immagini impresse del volto, e la figura,

Scommetto che il marito lo crede a dirittura.

È ver che nella voce non ha gran somiglianza,

Ma questo può confondere del tempo la distanza.

Un che dal Nuovo Mondo credesi ritornato,

Il metal della voce può ancora aver cangiato;

Pronto sarei l'impresa a garantire anch'io.

CAV.

E ben, codesta favola che giova al caso mio?

FAB.

Emmi venuto in testa, per fare una finzione,

Vestir coll'uniforme codesto lazzarone.

Un abito ho trovato da un rigattier romano,

Colla divisa istessa che usava il capitano,

Con spada e con bastone all'uso militare,

Che meglio a don Roberto farallo assomigliare.

Ciò in pensar mi è venuto, dopo lo scoprimento

Che di donna Isabella fe' noto il nascimento.

Lasciò la moglie incinta il capitan Roberto;

Ma né lui, né la sposa, non lo sapean di certo.

Dunque in faccia del mondo può dir può sostenere...

CAV.

Il Duca mio germano parmi colà vedere:

Seco è il prence Fernando. Vien meco in altra parte.

FAB.

Andiam, tutto il progetto vi dirò a parte, a parte.

Basta che mi accordiate danaro e protezione.

CAV.

Tutto avrai ciò che brami. (parte)

FAB.

Conosco il mio padrone.

Lo so che all'occasioni prodigo sempre fu.

Se or non mi faccio un abito, non me lo faccio più. (parte)

 

 

 


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