BEL.
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Ecco due capitani.
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PLA.
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Stelle!
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LUI.
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Numi!
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FAB.
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(Che vedo!)
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FER.
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Qual prodigio è codesto?
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PAS.
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(Ah ci siam, me
n'avvedo). (tenta di nascondersi dietro a Fabrizio)
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FER.
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Chi siete voi? (a don Roberto)
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ROB.
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Signore, ardito in queste soglie
Venni
da amor condotto ad abbracciar mia moglie,
So
che da lei non merto di sua bontade il dono:
Placida mia adorata, domandovi perdono.
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PLA.
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Ah,
questi è il mio consorte. Ah santi numi! è questi.
Lo
riconosco agli atti, e ai sentimenti onesti.
Perfido, scellerato. (cercando coll'occhio Pasquale)
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FAB.
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(Non ti smarrir, fa cuore). (piano a Pasquale)
Questi è un uomo onorato, codesto è un impostore.
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ROB.
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Qual
orribile inganno! Al volto, alla figura;
Veggo
che in due soggetti scherzato ha la natura;
E
l'arte, prevalendosi della natura istessa,
Vuole
adombrare il vero, vuol l'innocenza oppressa.
Mi
riconosca almeno la tenera famiglia.
Codesta,
il cuor mel dice, codesta è la mia figlia.
Deh
consolate un padre; deh consolate un sposo,
Che se partito è ingrato, a voi torna amoroso.
(Donna Placida e donna Isabella vogliono avanzare per
abbracciare don Roberto)
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PLA.
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Ah, il cuor me ne assicura, e il cuor non può mentire.
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FER.
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Trattenetevi,
donne: il ver si ha da scoprire.
Chi
è di voi l'onorato, ha da soffrir l'affronto.
Ambi in carcere andrete.
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ROB.
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Vadasi pur, son pronto.
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PAS.
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Come!
mi maraviglio, non mandasi prigione
Un capitan mio pari. Vi andrà quel lazzarone.
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FAB.
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(Vanne per poco almeno, ch'io ti difenderò).
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PAS.
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(In carcere, Fabrizio, per bacco, non ci vo).
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LUI.
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Voi,
che con un di loro giunta in Napoli siete,
Qual sia di questi due conoscere potrete. (a donna
Marianna)
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ROB.
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Ebbi con voi l'onore di essere accompagnato.
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PAS.
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Con voi, signora mia, non mi sono imbarcato?
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MARI.
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Avanzati, Paolina.
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PAO.
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Eccomi qui, signora.
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MARI.
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A scioglier quest'inganno aiutami tu ancora.
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PAS.
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(Amico, siam perduti). (a Fabrizio)
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FAB.
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(Anch'io molto ne temo).
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PAS.
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(Subito il capitano sia condannato a un remo).
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MARI.
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Quel
ch'è con noi venuto, contentisi narrare
La seconda borrasca che si è sofferta in mare.
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PAS.
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(Cosa ho da dire?) (a Fabrizio)
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FAB.
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(Inventati). (a Pasquale)
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PAS.
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(Se in inventar m'imbroglio
In mezzo alla borrasca vo a rompere in un scoglio).
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ROB.
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Dirò,
per compiacervi, che appena si è salpato
Dal
porto di Messina, il mare si è turbato.
E allor,
se alla feluca tardavasi il riparo,
Si
andava a precipizio a battere nel Faro.
Questo
primier periglio a dir non mi diffondo;
Colle sue circostanze descriverò il secondo.
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MARI.
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Per me scorgo abbastanza, che siete voi quel desso
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PAO.
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Pare
quest'altro ancora il capitano istesso:
Voglio
venirne in chiaro. Nella feluca entrata,
Ditemi quella cosa che tosto ho domandata. (a
Pasquale)
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PAS.
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Da mangiar.
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PAO.
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Non è vero.
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PAS.
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Da vomitar.
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PAO.
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Porcone!
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ROB.
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Io lo direi, signora, ma ho un po' di soggezione.
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PAO.
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Bravo,
voi lo saprete; dirlo non mi vergogno:
Ho domandato quello che a tutti fa bisogno.
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FER.
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Orsù
bastantemente il ver parmi scoperto.
Codesto
è un impostore. Quegli è il ver don Roberto.
L'origine,
la trama di tali tradimenti
Tu
svelerai, mendace, fra i ceppi e fra i tormenti.
Venga a me l'offiziale. (a Beltrame)
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BEL.
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Il tempo si fa brutto. (parte)
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PAS.
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Senz'altre
cerimonie, signor, vi dirò tutto.
Quegli
che mi ha condotto a un tale precipizio,
Fu il signor Cavaliere, per opra di Fabrizio.
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FAB.
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Ho fatto quel che ho fatto, per servire al padrone.
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FER.
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Anime
scellerate, ne avrete il guiderdone.
Tu di comando indegno esecutor ribaldo...
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BEL.
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Signor, è qui di fuori il cavaliere Ansaldo.
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FER.
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Venga, che a tempo ei giunge. (Beltrame parte)
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LUI.
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Ah perfido germano!
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FER.
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No,
no, nelle mie stanze non vi adirate invano.
Più
di voi sono offeso, ed a me sol si aspetta
Usar doppia giustizia nel procurar vendetta.
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