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BEAT. Signor consorte carissimo.
OTT. Zitto. Te invita, o bella...
BEAT. Sia maledetta la poesia.
OTT. Zitto. (Bisogna ch’io ricorra al rimario). (da sé, legge)
BEAT. Questa casa è tutta in disordine per causa della poesia. Il padrone poeta, i servitori poeti, la figlia poetessa, nessuno fa il suo dovere, e tocca a me sola a pensare a tutto. Questa mattina, per quel che vedo, non si pranzerà. Brighella ha fatto la spesa, e poi subito si è ritirato in camera a comporre; e invece di far fuoco, portar acqua e legna, si perde a far dei versacci. Ma voi siete causa di tutto. Voi date loro fomento colle vostre pazzie.
OTT. (L’ho trovata). (da sé, scrive)
BEAT. Che! Mi lasciate parlare come una pazza, e non mi date risposta?
BEAT. Così non può durar certamente.
OTT. Zitto; ho perso la rima, non me ne ricordo più. Te invita, o bella...
BEAT. Rispondetemi a questo che vi dico, e poi me ne vado.
OTT. Te invita, o bella, a respirar alquanto.
BEAT. Ma io non sono finalmente la vostra serva.
OTT. Ma voi mi volete far dar al diavolo. Non vedete che son qui tutto intento a comporre un sonetto, e voi mi fate perdere le rime?
BEAT. Voi fate il sonetto, e questa mattina non si pranzerà.
OTT. Deh non sdegnar... Perché non si pranzerà?
OTT. Chiamatelo. Deh non sdegnar di stare meco accanto.
BEAT. L’ho chiamato, e non vuol venire.
BEAT. Via, chiamatelo.
OTT. Zitto. (Una rima in ira ). (da sé)
BEAT. Chiamatelo e poi finirete il sonetto.
OTT. Sì, ora lo chiamo. (s’alza e poi torna al tavolino) Ch’io pietà merto...
BEAT. E così?
BEAT. Siete insopportabile.
OTT. E non dispetto ed ira. Il diavolo che vi porti. Brighella, ehi, Brighella, dove sei?