Carlo Goldoni
Il poeta fanatico

ATTO TERZO

SCENA SETTIMA

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SCENA SETTIMA

 

Brighella dalla camera di Tonino, e Lelio

 

BRIGH. Servitor umilissimo, signor Lelio mio patron.

LEL. Oh Brighella! Che si fa?

BRIGH. Eh! Se va facendo qualche cosa cussì bel bello.

LEL. Bravo, fatevi onore.

BRIGH. Comandela sentir un’ottavetta balzana?

LEL. No, no, non v’incomodate. Ho premura, ne devo andare.

BRIGH. Un’ottavetta sola.

LEL. Ma se è tardi.

BRIGH. Un’ottavetta, per carità.

LEL. Via, spicciatevi. (Gran difetto è questo di noi altri poeti!) (da sé)

BRIGH.

Era di notte, e non ci si vedea,

Perché Marfisa aveva spento il lume.

Un rospo colla spada e la livrea

Faceva un minuetto in mezzo al fiume.

L’altro giorno è da me venuto Enea,

E mi ha portato un orinal di piume.

Cleopatra ha scorticato Marcantonio,

Le femmine son peggio del demonio.

LEL. L’avete fatta voi quest’ottava?

BRIGH. Certissimo, l’ho fatta mi.

LEL. Compatitemi, io non lo credo.

BRIGH. No la lo crede? No son fursi anca mi poeta?

LEL. Sì, ma siete solito a fare qualche verso stroppiato.

BRIGH. La s’inganna, per scander i versi no gh’è un par mio. E all’improvviso, all’improvviso.

LEL. Sì? Bravo. Ditemi qualche cosa all’improvviso.

BRIGH. La servo subito.

 

Per obbedire a vostra signoria,

Faccio due versi, e poi me ne vado via. (parte)

LEL. Oh che somaro! Ha fatto un verso di dodici piedi. Si vede che l’ottava non è sua. Oh quanti si fanno merito colla roba d’altri, e sono forzati a ripetere tante volte gli autori quei versi di Virgilio:

 

Sic vos, non vobis, mellificatis, apes,

Sic vos, non vobis, fertis aratra, boves.

 

 

 


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