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IL QUARESIMALE IN EPILOGO DEL PADRE GIACOMO CATANEO
A Sua Eccellenza la Signora Contessa Cecilia di Rabatta idillio recitato in Gorizia nel giorno di s. Cecilia l’anno 1726
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A Sua Eccellenza la Signora Contessa Cecilia di Rabatta
idillio recitato in Gorizia nel giorno di s. Cecilia l’anno 1726
Col rauco suon del rustical suo corno
Giva al sonno togliendo il buon Sileno
I pastor sonnacchiosi; era costui
Ministro di Montan, di quel Montano,
Che del culto divino avea la cura,
Sacerdote di Giove, e che solea
Predir le cose, e consigliar le genti.
Giva dunque toccando il vigil corno,
gridava sovente: Al tempio, al tempio!
Pastori e ninfe, su venite al tempio!
Al tempio andaro umiliati e cheti,
E le ninfe e i pastori, e fatto a Giove
Sacrificio del cuor con bassa voce,
Sono in faccia di lui seduti in giro.
Indi Montan, il lor maestro pio,
Tenendo verso il ciel le luci fisse,
Scosse il capo tre volte, e così disse:
Figli, udite, vi priego, il parlar mio.
Che non spieghi la voce al dolce canto.
Mai fu de’ vostri canti
Più bell’onor, e se desio di gloria
V’alberga in sen, eccovi aperto il campo,
Far potrete salir le voci all’etra,
Sicuri già che il sommo Giove anch’esso
Serberà l’opre gloriose in cielo.
All’armonia di nostre eroiche cetre,
Ch’io per far più superbo
Il desio che vi scalda il cuor nel petto,
Già vi spiego de’ canti il degno oggetto.
Bebbe l’acque col latte, e venne poi
Dell’Isonzo a bear l’onde tranquille,
Una non so s’io dica o donna o Dea,
Poiché i Dei stanno in cielo,
E mai donna simil si vide in terra
Un’alma eletta in gentil spoglia chiusa,
Del gran Fattor, perché intendiamo noi
Del suo vero poter l’omnipotenza,
Questo è l’alto soggetto a’ vostri canti.
Umiltade e virtù, fatte gemelle;
Modestia e venustà splendere al pari;
Di prudenza e consiglio un nobil misto;
D’amor soave e di gradir cortese;
A dar gloria al suo Dio, esempio al mondo;
Una idea sovraumana
Piena d’intelligenze e d’intelletto,
Questo è l’alto soggetto a’ vostri canti.
Coi giorni della lor vita felice;
Trovan nuovi trofei, nuove corone;
Da cui prendon decor le glorie antiche,
Questo è l’alto soggetto ai vostri canti.
Il grado, il merto, e che ambizioso vanta
Far prova di sua forza in nobil seno,
Leggiermente le punse il cuor un giorno,
Premiò l’affetto, e con eroe sublime,
La congiunse ridente Amor giocondo.
Di cui tacer gli antichi fregi e nuovi
Poiché troppo sarebbe il parlar mio
Lungo fuor di misura. Ad altro tempo
Di parlarne più alto e più sonoro;
Che l’uno e l’altro a prova
Accrescevano i fregi al caro oggetto
Con il splendor di sua natia grandezza.
Non si vide fra noi, e saper basta
Che più bell’imeneo non vide Amore.
Questo è l’alto soggetto a’ vostri canti.
Ognun di voi con ambizioso vanto
Dell’alta stima e del rispetto umile
Quanto so e quanto posso,
Vuò pregarle dal Ciel grazie infinite,
voi pastori, il mio cantar seguite.
Senza doglie, e senza affanni,
Finché alberga in mortal velo,
E poi quando che a te piace,
Sempre sia da te protetta,
La Gran Donna. E viva, e viva.
Così Montan, e così il resto tutto
Delle ninfe e pastori un dolce canto
Dal cuor mandaro stupefatto e lieto;
Né altro s’udiva a risuonar pel tempio
Che di Cecilia il nome, e in ogni parte
S’udiva ad echeggiar voce giuliva: