IL MONDO OGNOR LO STESSO 
ODA ANACREONTICA
 
Tutti
gridano che il mondo
Tristo
è fatto ai nostri dì;
Onde a
tutti anch’io rispondo: 
Non è
ver, non è così. 
Proverovvi,
et ex professo,
Che fu
il mondo ognor lo stesso.
Tiranneggiano
gli avari,
E non
pagan le mercedi; 
Fanno
pianger gli operari, 
Per far
ridere gli eredi; 
Ma di
tali avari ingrati
Ve ne
fur ne’ tempi andati.
Della
moglie si lamenta
Il
marito travagliato;
Dice:
mai non si contenta, 
Vuol
vedermi rovinato. 
Ma in
etade ancor lontana 
Fu la
donna sempre vana.
Grida
un padre di famiglia: 
Troppo
il mondo è tristo adesso, 
Me l’ha
fatta la mia figlia, 
Non ha
più vergogna il sesso. 
Nella
prima antica etate 
Quante
figlie son cascate?
Ognun
ruba, dice l’altro,
Ognun
vive sul compagno; 
Troppo
l’uomo adesso è scaltro, 
Solo
intento al mal guadagno. 
Furo
ancor de’ tristi
e ladri 
Tra gli
antichi nostri padri.
Mormorare
ognor si sente
E
trinciare i panni addosso; 
Dell’amico
e del parente 
Mal si
dice a più non posso: 
La
maligna gente rea
Così un
tempo ancor facea.
Non v’è
fede nei contratti,
Tutto
il mondo adesso inganna; 
Non han
luogo i sagri patti,
E la
legge invan condanna. 
Dalle
storie ancor si vede
Che tal
fu l’antica fede.
Ama il
lusso ed ama il chiasso, 
Colui
dice, adesso il mondo; 
Oggi
l’uom, per torsi spasso, 
Ai
tesori trova il fondo.
E per
questo? Ben io veggio 
Che gli
antichi f,cean peggio.
Par che
il mondo reo sia fatto 
Oggi
sol de’ tristi amori;
Grida
ognun, che il mondo è matto,
Pe’
novelli e folli ardori.
Io li
ascolto, e me ne rido: 
Regnò
sempre il dio Cupido.
Se una
donna maritata
Guarda
in volto un cavaliere, 
Grida
tosto la brigata:
Bell’usanza
da dovvero
La qual
cosa al tempo antico 
Non
stimavan né anche un fico.
Spiritacci
mal contenti
Di
voi stessi, e non del mondo, 
Nati solo fra i viventi
Per
inutil tristo pondo,
Fra le
odierne cose usate 
O
tacete, ovver crepate.