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POESIE IN LINGUA E IN DIALETTO DEL PERIODO VENEZIANO (1748 - 1762)
STORIA IN OTTAVE DI TONINO E CORALLINA
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STORIA IN OTTAVE DI TONINO E CORALLINA
Ton. Mio pare, che in Venezia è un bon mercante,
A Fiorenza me manda a negoziar:
Vedo de Corallina el bel sembiante,
E me sento alla prima innamorar.
Benché ordenaria, e priva de contante,
M’ha savesto el so spirito obbligar.
Mio pare negoziar m’ha comandà,
E mi, per obbedir, m’ho maridà.
Cor. In Bergamo son nata, e da piccina
Sono stata in Firenze trasportata,
Ove imparai la lingua fiorentina,
Senza la gorga che dal volgo è usata.
Mia zia, che mi condusse, è contadina,
E all’orticel mi aveva destinata.
Erbe e fior coltivai, ma sopra tutto
Pensai raccor del matrimonio il frutto.
Ton. Torno a Venezia colla mia novizza,
El pare se ne accorze, e el me descazza,
E tanto fogo contra mi l’impizza,
Che farme véder me vergogno in piazza.
Tutto in un tempo me vien su la stizza;
Chiappo su e vegno via co sta gramazza.
Finché ho abuo bezzi, semo andai pulito,
Ma adesso me tormenta l’appetito.
Cor. E finché vive del mio sposo il padre,
A Venezia tornar noi non vogliamo.
Fortuna, che per anco io non son madre,
Onde in poca famiglia ancora siamo.
Pericolo non v’è, che genti ladre
Ci rubino i bauli che portiamo;
Mentre noi non abbiam, come sapete,
Altro baul che quello che vedete.
Ton. Semo do poverazzi sfortunai,
E s’avemo cazzà in la fantasia,
Per esser sempre poveri spiantai,
Ma, grazie al cielo, semo capitai
Spero poder sfogar la doppia brama
De saziar la mia fame e la mia fama
Cor. Signor, l’istoria nostra avete intesa.
Movetevi di grazia a compassione;
Noi persone non siam di molta spesa,
E alla tavola avremo discrezione.
Due giorni son che abbiam la gola tesa,
Senza mai mandar giù neanche un boccone.
È tanto tempo che non ho mangiato:
Non posso più parlar, mi manca il fiato.