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POESIE IN LINGUA E IN DIALETTO DEL PERIODO VENEZIANO (1748 - 1762)
VERSI MARTELLIANI RECITATI IN BOLOGNA NELL’ACCADEMIA DEGLI ARDENTI ERETTA IN ONORE DEL SANTISSIMO CUOR DI GESÙ
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VERSI MARTELLIANI RECITATI IN BOLOGNA
NELL’ACCADEMIA DEGLI ARDENTI ERETTA
IN ONORE DEL SANTISSIMO CUOR DI GESÙ
Spirto del buon Mirtillo21, che ancor t’aggiri intorno
Di Felsina all’antico, amabile soggiorno,
E nei beati Elisi ancor ti sta nel core
Di tutta Italia nostra il combattuto onore,
Tu, che del dolce metro sapesti innamorarmi,
Perdonami, se m’odi a profanar tuoi carmi.
Mirami del bel Reno starmi dei vati appresso,
Rendimi col tuo stile maggiore di me stesso.
Ma se Talìa da un lustro22 seco mi tragge al canto,
Come d’eroici carmi posso aspirare al vanto?
Come del Cuor Divino, come cantar poss’io?
Cantor d’umili cose non può cantar di un Dio.
Io flagello dei vizi, io deriser dei stolti
Talor trassi alle Scene popoli avari e folti,
E mi riescì talora con fortunato incanto
Muover le labbra al riso, muover le luci al pianto.
Ma s’io medesmo, ahi misero! amo gli error ch’io sgrido,
Nocchier che il mar detesta, ed abbandona il lido;
Se pieno ho il frale petto del dileggiato amore,
Qual poss’io la pietade cantar del Divin Core?
Ma questo Cuore istesso, d’amor, di grazia pieno,
Già di virtude ignota m’empie la lingua e il seno:
Ei che purgar le labbra del peccator non sdegna,
Ei de’ mister sublimi a ragionar m’insegna,
E ognor di sua bontade sendo le fonti aperte,
Anche talor la Scena in pergamo converte.
Oh cuor del Divin Figlio, pari in essenza al Padre,
E Creatore e Sposo di Lei che gli fu Madre,
Onde dal Ciel disceso in Lei, Vergine pura,
Congiunse alla divina nostra mortal natura,
Tu sei d’amore il fonte, da Te l’amor deriva
Che l’anime consola, che l’anime ravviva;
Del sangue che ti nutre, ogni minuta stilla
Di santo amor divino produce una scintilla,
E una scintilla sola potrebbe in un momento
Accendere più mondi, se fosser cento e cento,
Tu di Te riempi il Cielo, Tu sei negli elementi,
E tutti in Te rinchiudi noi miseri viventi.
Ahi, che il bel Cuor Divino meco in amore eccede:
Ei mi trasse dal nulla in grembo a Santa Fede,
Patria mi diede illustre, padre non vile e abbietto,
Scarsa fortuna, è vero, ma docile intelletto:
Ora di gloria umana, ecco, mi colma appieno,
Locando me fra i vati dell’italico Reno:
Ovunque andrò portando un sì bel fregio in fronte,
Potrò sottrarmi ai scherni, e dell’invidia all’onte;
E a chi spezzar volesse me, intrepido Cantore:
Olà, dirò, tacete, femmi Bologna onore.
A tanto amore, a tante grazie del Cuor Divino,
Una Gesù ne aggiunga, e compia il mio destino:
Rendami il suo potere maggior di quel ch’io sono,
Perché più grato i’ possa di voi rendermi al dono;
E se de’ vostri allori cingo le incolte chiome,
Deh non fia mai che scorno io rechi al vostro nome.
È ver che al sol non scema picciola nube il lume,
Che non oltraggia il mare torbido ignoto fiume,
E voi chiara potete far mia Musa infeconda,
Qual scioglie il sol le nubi, e il mar fa bella ogn’onda.
Sotto gli auspici santi del cuor dell’uomo Dio
Eccomi ricovrato, vostra mercede, anch’io.
A voi, risponda, o Ardenti, la grazia onnipossente,
E me d’amor, di gloria, renda del pari ardente.