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POESIE IN LINGUA E IN DIALETTO DEL PERIODO VENEZIANO (1748 - 1762)
DEL RITRATTO DI UN PIOVANO ESPOSTO IN OCCASIONE D’INGRESSO ENDECASILLABI
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
DEL RITRATTO DI UN PIOVANO ESPOSTO
Signor piovano reverendissimo,
Con voi consolomi di vero cuore
Di questo ingresso risplendentissimo.
Del vostro popolo spicca l’amore
In tutti i gradi più bassi e nobili;
Ciascun faticasi per farsi onore.
Superbi arredi, preziosi mobili
Le mura coprono della contrada,
E tengon gli occhi del volgo immobili.
Inni si cantano per ogni strada,
Inni di gloria pel vostro merito,
Che all’umil popolo cotanto aggrada.
Un sacerdote più benemerito
Di voi non vedesi nei dì presenti;
Di voi più degno non fu in preterito.
Lodar si sentono da tante genti
Quelle virtudi della vostr’anima,
Che altrui promettono d’amor portenti.
La pietà vostra vi sprona ed anima
Verso dei poveri con vero zelo
Condur le pecore sapete al Cielo
Per la via piana che altrui facilita
Il semplicissimo santo Vangelo.
L’esempio vostro ciascuno abilita
Nello combattere coi tre nemici,
E sempre vince con voi chi milita.
E vanno a gara mostrando il giubilo,
Scoprendo l’anima nei volti amici.
Per qualche tempo coperse il nubilo
Del vostro tempio le sacre porte;
Or del sereno con voi ne giubilo.
Con fatalissima spietata sorte
Nei trapassati giorni brevissimi
Rapì tre parochi la cruda morte.
Ma voi godrete giorni lunghissimi,
E ve li augurano con vero affetto
I più sinceri voti caldissimi.
Da tutti pregasi Dio benedetto
Che lo Scudieri pievano amabile
Di tutti gli ordini consoli il petto.
Oh come al vivo la venerabile
Soave immagine del vostro volto
Dipinse in tela pennel laudabile!
Se al quadro nobile l’occhio ho rivolto
Veggo il ritratto somigliantissimo,
E quasi a sciogliere le voci ascolto.
Opra è cotesta del valentissimo
Prudente giovane del Longhi figlio,
Non men del padre singolarissimo.
In età tenera pien di consiglio,
De’ più provetti sorpassa i termini,
E invidia miralo con torvo ciglio.
Per commendarlo non trovo i termini,
Cotanto è celebre nella bell’arte:
Non trovo elogio che mi determini,
Se in lui considero a parte a parte
Le tinte vivide, il bel disegno,
Le grazie facili nel quadro sparte;
In lui ritrovasi ferace ingegno,
Atto a fermare nel cielo adriatico
Dell’arte nobile l’antico regno.
Nel somigliare cotanto è pratico,
Che le sue opere chi attento mira,
Gli originali ravvisa estatico.
A farsi celebre soltanto aspira;
Fugge i romori del tristo secolo,
Modestia insolita dal volto spira.
Io che i costumi del mondo specolo,
Veggendolo umile fra tanta gloria,
Senza ragione non mi trasecolo.
Nemico acerrimo di vana boria,
Le grandi laudi non vuol ricevere,
Per far più semplice la sua memoria.
Ma quel diletto che ha nel dipingere
La mano seguita dell’uom valente,
E a miglior opere lo vedi accingere.
Tanti ritratti da lui si esposero,
Che resta attonita la dotta gente.
Così le stelle di lui disposero,
Pittor lo vollero, pittore è nato,
Ed i suoi studi vi corrisposero.
Il saggio ed ottimo Nogari ornato
Fu il precettore del giovin tenero,
E il suo discepolo lo ha pareggiato.
O caro Longhi, se anch’io vi venero,
Se con voi spiegomi con dell’amore,
Dall’onestate mia non degenero.
Voi dipingendomi con quel valore
Con cui solete far le vostre opere,
Alla mia immagine si rese onore.
Or se la mano da voi si adopere
Per il degnissimo nuovo pievano,
Deh permettete, ch’io vi coopere.
E che alla cetera ponendo mano,
L’originale lodando in cantici,
Anche il ritratto non lodi in vano.
Ma già nel tempio col fiato i mantici
Destan nell’organo l’allegro suono,
E i ceri allumano i piromantici.
Entro col popolo divoto e prono,
U’ dal pievano gl’inni si cantano,
E intanto gli uomini, che di fuor sono,
Del bel ritratto l’opra decantano.