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POESIE IN LINGUA E IN DIALETTO DEL PERIODO VENEZIANO (1748 - 1762)
AL CHIARISSIMO PADRE MAESTRO MARCO ROSSETTI VENEZIANO, CARMELITANO DELLA CONGREGAZIONE DI MANTOVA, REGGENTE DEGLI STUDJ IN FIRENZE, E PREDICATORE NELLA PARROCCHIALE E COLLEGIATA DI S. CASSIANO DI VENEZIA CAPITOLO
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AL CHIARISSIMO PADRE MAESTRO MARCO ROSSETTI VENEZIANO,
CARMELITANO DELLA CONGREGAZIONE DI MANTOVA,
REGGENTE DEGLI STUDJ IN FIRENZE, E PREDICATORE
NELLA PARROCCHIALE E COLLEGIATA DI S. CASSIANO DI VENEZIA
Benedetto sii tu, Marin Rossetti 300,
Che fosti un dì fra gli uomini onorati,
Ed or sarai fra gli angioli perfetti.
Poiché amici noi fummo ai tempi andati,
Oh quante volte del tuo figlio, e quante,
Abbiamo i giorni in ragionar passati!
E mi sovvien che, acceso nel sembiante,
Ragionavi di lui, fervido, ansante.
E di vederlo non er’ io bramoso
Forse meno di te, ché d’ogni parte
Grido giungea dell’orator famoso.
La provvidenza che ogni ben comparte,
Marco a noi guida, ed io qui fermo ho il piede,
E del gaudio comun mi trovo a parte.
Padre, tu il vedi, dall’eterea sede,
Sul pergamo intimar pena o perdono
Al popol folto, e gloriar la Fede.
Giubila nel veder quanti e quai sono
Gli ondeggianti uditor presti e costanti
A prevenir della campana il suono.
Mira dalle sue labbra i circostanti
Pendere immoti, e compagnar suoi detti
Colle tremule ciglia e i petti ansanti.
E mira intorno i naturali effetti
Di compiacenza, di stupor, di gioia,
Escir a forza da’ commossi oggetti.
E l’uomo tristo, cui sentire annoia
Del proprio seno ritoccar la piaga,
Senza dispetto la bevanda ingoia.
O prode, o saggio l’orator che appaga
Con argomenti da ragion dedotti,
E per vie tortuose non divaga!
I ministri di Dio facondi e dotti
Esser denno, egli è ver, ma non dal vano
Folle desio di dilettar condotti.
Ed evvi il modo costumato e piano
Di penetrar coll’Evangelo i cuori,
Ed esser grati all’intelletto umano.
Mescere si potranno i frutti e i fiori,
Ma in numero ed in peso ed in misura
Siano dei primi gli ultimi minori.
Marco L’arte conosce e la natura,
E gl’intelletti sobriamente alletta
Poiché nell’alme penetrar procura;
Né i motti studia, né lo stile affetta,
Ma la Scrittura somministra i modi
A quella dotta lingua benedetta.
Dimmi, egregio Marin, Tu che in Ciel godi
L’eterna gloria, hai compiacenza santa
Che il tuo figlio da noi si applauda e lodi?
Sì, mi rispondi, ché di grazia tanta
Fonte è quel Dio che tu dappresso or miri,
Ed in Dio solo il Figlio tuo si vanta.
E collocato fra i superni giri
Teco l’aspetti alla beata sede,
Sciolti dal petto gli ultimi respiri.
Mira il trionfo della Santa Fede
Per lui reso maggior, la patria mira
Fatta da lui del Paradiso erede.
Satana vedi di dispetto e d’ira
Fremere, disperare; e stuolo eletto
D’alme purganti che per lui respira.
E pel tuo figlio, che in umano aspetto
Angiolo è reso per lo santo zelo,
Giustamente si accresce il tuo diletto,
E ne fai parte ai cittadin del Cielo.