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L’OMBRA DI TITO LIVIO
IN OCCASIONE CHE PROFESSA LA REGOLA DI SAN BENEDETTO LA NOBIL DONNA D. MARIA CORRER NELL’INSIGNE NOBILISSIMO MONISTERO DI SAN LORENZO CAPITOLO
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IN OCCASIONE CHE PROFESSA LA REGOLA DI SAN BENEDETTO
LA NOBIL DONNA D. MARIA CORRER
NELL’INSIGNE NOBILISSIMO MONISTERO DI SAN LORENZO
Donne, se letto qualche libro avete,
Che di Sacra Scrittura in volgar tratti,
O a prediche talvolta andar solete,
Udito avrete a raccontare i fatti
Di Caino e d’Abele, e come furo
Diversamente al divin culto tratti.
L’avaraccio Cain, sordido, impuro,
I peggior frutti della greggia offria,
Quasi a Dio fosse il suo talento oscuro.
Ma il tardo fumo che dall’ara uscia,
Sdegnando alzarsi per vergogna al Cielo,
L’empia rimproverava ipocrisia.
Per lo contrario, con verace zelo
Abel sceglieva al sagrificio santo
La vittima più pura, e ’l miglior stelo.
Ed eran care al Creator cotanto
Le offerte sue, che al perfido germano
Fur molesta cagion d’invidia e pianto.
Donne, la storia ripetuta in vano
Non crediate da me, che or sono anch’io
Ispirato dal Nume, alto sovrano.
Dite, se il Ciel vi salvi, allor che a Dio
Qualche vittima offrite al sacro altare,
Scegliete il buono, o riserbate il rio?
Madri, a voi parlo: Fra le dolci e care
Tenere vostre figlie, internamente
Qual sareste disposte ad immolare?
Se taluna di lor per accidente
Abbia scarsa bellezza, o alcun difetto,
O vulgari pensieri, o incolta mente,
Tosto s’accende della madre in petto
Il desir pio di consacrarla al chiostro,
E farla sposa di Dio benedetto.
E le vane follie del secol nostro
Sì ben dipigne alla donzella ignara,
Che la lana antepone all’auro e all’ostro.
E questo è quel che da Cain s’impara:
Rimpiattar con malizia il bello e ’l buono,
E i peggior frutti consacrar sull’ara.
Venite, o donne, a rimirar qual dono
Offrono al Nume i genitor Correri,
Che altrui d’esempio e maraviglia or sono:
Una figlia per cui superbi, alteri,
Andar potriano, e rimirarsi intorno
Supplicante il bel fior de’ cavalieri:
Figlia, ch’ha il volto di tai grazie adorno
Che ogni rara bellezza in paragone
Da lei si parte con invidia e scorno;
E tal ave talento, e tal ragione,
Che saria stata fra le adriache spose
L’onor dell’antichissima magione.
Svela le sante voglie in seno ascose
A chi l’ama, e l’apprezza, e le diè vita:
Né la virtù dei genitor si oppose.
Ma il loro cuor, che quel d’Abele imita,
Sagrifica sincero il miglior frutto
A quel Signor che la donzella invita:
E serbando fra ’l duolo il ciglio asciutto,
Mostran che volentieri offron l’omaggio
A chi tutto può dare e toglier tutto.
Donne, con tal virtù, con tal coraggio
A Dio si fan le generose offerte,
Che mertan poi di provvidenza il raggio.
Ponno agli occhi del mondo andar coperte
Dal manto di pietà l’opre mendaci;
Ma son le menti al divin occhio aperte.
Talvolta allo splendor di mille faci
Pompa si fa di divozione, e intanto...
Musa, non t’innoltrar, rispetta, e taci.
O vergin valorosa, o voi che al santo
Olocausto ven gite, ostia innocente,
Mercé di lor ch’han di pietate il vanto:
Rendete il ben che il vostro cuor risente
A chi a voi lo procaccia, e sia felice
Per voi maisempre il genitor valente.
Or che a prò delta patria a lui pur lice
Nuove glorie mercar del Trace ai lidi,
Siagli vostra pietà scorta e tutrice.
Rispettosi del mare i flutti infidi
Reggan placidamente il ricco legno:
Eolo tranquillo, e non fremente il guidi.
E prove di valor, di fé, d’ingegno,
Quai diede al Tebro ed al Danubio in riva,
Dia la grand’alma di Bisanzio al regno.
Vada al Bosforo lieto, e torni, e viva,
E renda allor, de’ maggior fregi ornato,
La famiglia, la patria e voi giuliva.
Voti non porgo alla Fortuna o al Fato,
Nomi sognati un dì, quand’era oscuro
Il divin Nume che s’è a noi mostrato.
A Dio li porgo, e son per lui sicuro
Che la virtù del mio signor cortese
Avrà quel più che di buon cor gli auguro.
E mi sovvien qual giubbilo il Paese
Mostrò in quel dì che al Bailaggio eletto
L’almo Correr felicemente intese.
Oh qual rifulse universale affetto!
Oh qual le laudi sue di bocca in bocca
Passar s’udiro in ogni strada o tetto!
Ed a me pur la parte mia men tocca,
Che del novero i’ son de’ servi suoi,
E amor per esso dal mio sen trabocca.
Vergine poderosa, i’ torno a voi,
E mille cose per lodarvi ho in mente;
Ma il Ciel mirate, e non badate a noi.
Ecco l’ara fatal, d’amore ardente,
Ecco il costante genitor felice
Che cela altrui l’aspro dolor che or sente.
Dell’egregia virtù del pio consorte
Magnanima, prudente imitatrice.
Del martire Lorenzo ecco le porte...
Donne, venite ad ammirare al tempio
Il sagrificio della vergin forte.
Fuori, fuori, Cain, perverso ed empio:
Ostia di falso cor Dio non apprezza.
Dei seguaci d’Abele ecco l’esempio:
S’offre a Dio gioventù, sangue e bellezza.