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   LUCA 
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   Vi è nessun che ci ascolti? 
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   PAN. 
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   No, certissimo. 
  Siamo soli, parlate. 
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   LUCA 
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   Odimi, Panfilo. 
  Sai
  se ti amo qual figlio, e se in te fidomi; 
  Né servo
  mai ebbe padron più docile 
  Di
  quel ch'io sono, né padron può esigere 
  Servo più fido. 
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   PAN. 
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   Sì, onorato veggomi 
  Dall'amor vostro assai più ch'io non merito. 
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   LUCA 
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   Ora
  vuò confidarti un duol che l'anima 
  Tienmi
  afflitta a tal segno, che se mancami 
  Pronto rimedio, mi conduco a perdere. 
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   PAN. 
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   Un uomo, come voi... 
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   LUCA 
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   Soggetti gli uomini 
  Sono
  a impazzare, e se nol fan da giovani, 
  Da
  vecchi il fanno e per lor peggio. Ascoltami. 
  La mia
  pupilla, Caterina amabile, 
  Cresciuta
  è meco, e la beltade aumentasi 
  In
  lei cogli anni, ed ogni giorno veggole 
  Accrescer
  grazie alla vezzosa immagine. 
  L'amai
  qual padre nell'età più tenera, 
  Né
  mi guardai dalle coperte insidie 
  D'amor,
  cui diede la pietade il mantice. 
  Volea
  tacer, ma il tempo ormai si approssima 
  Di
  collocarla. Un tal pensier mi lacera; 
  Cor
  non ho di veder da me dividere 
  Quella
  che il viver mio sostiene e modera. 
  Ma
  d'altra parte come mai difendermi 
  Posso
  da cento che costei mi chiedono, 
  Giovani,
  ricchi, poderosi e nobili? 
  Panfilo mio, ti apro il mio cuore: aiutami. 
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   PAN. 
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   Parmi
  il rimedio al vostro mal sì facile, 
  Che
  poco onor credo di farmi in dirvelo. 
  Caterina vi piace? e voi sposatela. 
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   LUCA 
   | 
  
   Ci ho
  pensato ancor io; ma chi assicurami, 
  Ch'ella
  sia paga delle mie canizie? 
  Giovane è troppo. 
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   PAN. 
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   Siete voi
  decrepito? 
  Un
  uom che tocca appena il cinquantesimo 
  Anno
  dell'età sua, vecchio non chiamasi 
  Ond'abbia
  il mondo di sue nozze a ridere. 
  Anzi
  vi loderanno, che accasandovi 
  Con
  giovin vaga, morbidetta e tenera, 
  I
  beni vostri ai vostri figli passino, 
  Non gl'ingrati a saziar congiunti, ed avidi. 
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   LUCA 
   | 
  
   Ecco
  un altro pensier che mi sollecita, 
  Forse
  quanto l'amor. Sai che di Panfila 
  Marito
  fui, ma che fu breve il termine 
  De'
  miei contenti, e che morì la misera 
  Nello
  sgravarsi del suo primo ed unico 
  Parto immaturo. 
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   PAN. 
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   Fece maschio o femmina? 
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   LUCA 
   | 
  
   Nol
  so, nol seppi mai. Partii per ordine 
  Del
  Duca nostro di Milano e in Bergamo 
  Ero
  nel dì della fatal mia perdita. 
  N'ebbi
  l'annunzio; a ritornar sollecito 
  Mi
  affrettai. Ma a che pro? La madre e il tenero 
  Parto
  trovai sotterra, e dalla stolida 
  Nutrice
  invano ricavar poterono 
  Cento
  parole mie del parto il genere: 
  Al
  cugin vostro (mi dicea) chiedetelo; 
  Poi
  sorrideva, e mio cugino Ermofilo 
  Mi
  consigliava a non cercar d'affliggermi. 
  Ciò
  mi fe' creder che di un figlio maschio 
  Padre
  stato foss'io, prima di stringerlo 
  Al sen paterno, già ridotto in cenere. 
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   PAN. 
   | 
  
   In tempo
  siete di rifarvi al doppio 
  Dell'ingiuria
  di morte. Padron, giurovi, 
  Non
  passa un anno che la giovin tumida 
  Di voi vedete, e vi regala un bambolo. 
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   LUCA 
   | 
  
   I
  miei congiunti che diran se prendomi 
  Questa
  per moglie, che pupilla affidami 
  La buona fede del cugino Ermofilo? 
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   PAN. 
   | 
  
   È figlia sua? 
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   LUCA 
   | 
  
   Sì, n'ebbe quattro, e in termine 
  Di
  due anni tre maschi a morte andarono. 
  Gli
  restò questa figlia, e a me più prossimo 
  Parente
  suo la consegnò, partitosi 
  Per Roma, ov'egli ancor finì di vivere. 
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   PAN. 
   | 
  
   Tanto
  più, s'egli è morto, a voi sol spettasi 
  Di
  lei disporre, ed al suo ben provvedere. 
  E
  provvedendo al suo, sicuro e stabile, 
  Provvedete
  a voi stesso; e quei che dicono 
  Diversamente per invidia parlano. 
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   LUCA 
   | 
  
   Tu
  dici bene e la ragion più facile 
  Penetra
  al cor, se a quel che uno desidera 
  Si
  uniforma e si adatta. Un forte ostacolo 
  Temo
  nel cor di Caterina. Io bramola, 
  È
  ver, quanto può mai bramar un'anima; 
  Ma
  a costo di penar, soffrire e fremere, 
  Non sarà mai ch'io la disgusti un atomo. 
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   PAN. 
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   Dunque
  soffrir volete in voi medesimo, 
  Senza tentar, senza parlar? 
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   LUCA 
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   Confidolo 
  A te per ora. 
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   PAN. 
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   Confidenza inutile. 
  Se
  mi potessi trasformare in femmina, 
  Vi direi: Sì signor, ma ciò è impossibile. 
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   LUCA 
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   Scherzi
  dal servo mio non mi abbisognano; 
  I
  consigli li ho intesi, e mi congratulo 
  Del
  tuo giusto pensar. Quel di che pregoti, 
  Panfilo,
  è questo, che tu voglia in opera 
  Porre
  l'ingegno tuo, perché discoprasi 
  L'inclinazione
  del suo cor. Se nubile 
  Brama
  restar, che minor mal parrebbemi; 
  Se
  vuol marito, e quale ella il desideri. 
  Se
  può sperarsi preferito a un giovane 
  Che
  può cambiarsi, un uom canuto e stabile. 
  In
  somma, pria di avventurarmi ad essere 
  Disprezzato
  e deriso, raccomandomi 
  A
  te, che mi apri la via certa e facile. 
  Hai talento che basta, altro non dicoti. 
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