Carlo Goldoni
La pupilla

ATTO PRIMO

SCENA QUINTA   Caterina, Placida

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SCENA QUINTA

 

Caterina, Placida.

 

CAT.

Placida, che ha il tutor che tristo veggolo

Più dell'usato, e pare che gli tremino

Fin le ginocchia, e se la mano io chiedogli

Me la porge tremando, e tosto involasi?

Sdegnato è meco? Se me stessa esamino,

Colpa non trovo, onde a scemare ei m'abbia

L'antico amor.

PLA.

Anzi non mai sì tenero

Fu il suo cuore per voi, non mai sì provvido

Pensò a voi, Caterina, e il si approssima

Che avete il frutto del suo amore a cogliere.

CAT.

 

Che più sperar, che più ottener potrebbesi

Di quel ch'ei fa, da un genitor medesimo?

Niente mi manca, il vedi.

PLA.

Oh figlia amabile,

Per esser lieta qualche cosa mancavi,

Che or non vi cale, ma l'età più fervida

Fa le donzelle di ottener sollecite.

CAT.

Sai ch'io non amo l'ambizion soverchia

Pascer con ricche vesti, e che mi bastano

Le poche gioje che il mio collo adornano.

Son, della vita che da noi qui menasi,

Contenta sì che invidiar non restami

Donzella alcuna anche di me più nobile.

Placida, e che mi manca?

PLA.

O figlia, mancavi

Un non so che, di cui tant'altre ambiscono,

E piacerà a voi pur, sol ch'io vel nomini.

CAT.

Dimmelo dunque, ch'io per me non veggolo.

PLA.

Uno sposo vi manca.

CAT.

Oh, non ti credere

Che mi caglia di sposo. Tutti gli uomini

Non son, qual egli è il mio tutor, sì docili

affé lo cambierei, se mi dicessero:

In di lui vece si offerisce un principe.

PLA.

Codesto sposo che il mio dir proposevi,

Lo potete ottener, senza che stacchisi

Messer Luca da voi.

CAT.

No, no, il pericolo

Voglio sfuggir che da un amor contrario

S'infastidisca il mio tutor, che placido

Suol esser meco.

PLA.

In ciò vi lodo, e dicovi:

Non vi è meglio di lui nell'uman genere.

CAT.

Dunque di sposo il ragionarmi è inutile.

PLA.

Anzi è util cosa, e a voi necessarissima.

CAT.

Non ti capisco.

PLA.

Caterina, ditemi:

Col tutor vostro, a cui rispetto or legavi,

Non cambiereste di pupilla i termini

In quei di sposa?

CAT.

Perché mai dovrebbonsi

Cambiar nomi fra noi? Non è il medesimo

Che sia sposo o tutor, se fra noi vivesi?

PLA.

Oh, vi è tal differenza infra i due titoli,

Quanta ve n'è dalla lattuca al cavolo.

Ama il tutor, ma sta l'amor fra i limiti

Delle cure paterne. I sposi si amano

Con tenerezza, e uniti stan se vegliano

E uniti stanno in compagnia, se dormono;

E mai disgiunti...

CAT.

Oh, questo poi continuo

Starsi attaccati, mi sarebbe un tedio.

Piacemi di star sola alle ore debite,

maggior compagnia d'aver io curomi

Di quella ch'ebbi negli anni preteriti.

PLA.

Ma io so che messere or si sollecita

Per trovarvi uno sposo.

CAT.

Ah sì, conoscolo;

Egli è stanco di me. Testé guardandomi

Bieco, qual ti dicea, dal cuor le lagrime

Trassemi a forza. Che mai feci io, misera,

Che lo suo sdegno a provocar condottami

Abbia senza mia colpa? Alfin conoscere

Ignoranza dovrebbe, e non malizia

In me, se fui cagion della sua collera.

Deh, Placida, se mi ami, va ritrovalo

Di' che tu stessa mi hai veduto a piangere;

Che mi perdoni, e nel suo cor rimettami.

PLA.

Altro gli vorrei dir.

CAT.

Ma che?

PLA.

Con semplici

Mala cosa è trattar.

CAT.

Ma via, perdonami;

Mi conosci, lo sai, più chiaro spiegati.

PLA.

Messer Luca vi ama.

CAT.

E perché torbido,

Se mi ama ancora, agli occhi miei presentasi?

PLA.

Figlia, apprendete dall'amor, che varia

Gli effetti in lui, quai differenze passino

Dal tutore allo sposo. Un godevasi

Senza penar la sua pupilla amabile,

Con amor innocente ancor che tenero;

Ora il diletto che in passion convertesi,

Dinanzi a voi lo fa tremante e timido.

E se un tal uomo, in cui virtude annidasi,

Al vïolento amor non sa resistere,

Temete un le vergognose perdite

Del vostro cuor, che in libertade or vantasi.

Amor è dolce cosa, ed è amarissima

Talora ancor. Certi momenti arrivano,

In cui la donna vien costretta a cedere,

E pel mondo di noi corre il proverbio,

Che ogni or le donne al suo peggior si attaccano.

Questo che vi offre il ciel sposo dolcissimo,

È tal fortuna che invidiar farebbevi

Da più donzelle costumate e giovani

Del tutor vostro nelle luci languide

Un po' meglio fissate il ciglio tenero,

Che sì, che in sen voi vi sentite a pungere?

Dite allor fra voi stessa: il cuor principia

A innamorarsi, e buon per me che l'anima

Per sì bella cagione amore allacciami.

Tutto, a chi non ne usò, parrà difficile;

Ma a quel che piacer, presto accostumasi,

E in materia d'amor, soglion le semplici

Scolare divenir mastre prestissimo.

Tutto quel che vi ho detto, in cuor fissatevi.

(Abbastanza parlai. Natura or operi).

 

 

 


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