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   CAT.  | 
  
   Placida, che ha il tutor che tristo veggolo Più dell'usato, e pare che gli tremino Fin le ginocchia, e se la mano io chiedogli Me la porge tremando, e tosto involasi? Sdegnato è meco? Se me stessa esamino,  | 
 
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   PLA.  | 
  
   Anzi non mai sì tenero Fu il suo cuore per voi, non mai sì provvido Pensò a voi, Caterina, e il dì si approssima  | 
 
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   CAT. 
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   Che più sperar, che più ottener potrebbesi Di quel ch'ei fa, da un genitor medesimo?  | 
 
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   PLA.  | 
  
  
   Per esser lieta qualche cosa mancavi,  | 
 
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   CAT.  | 
  
   Sai ch'io non amo l'ambizion soverchia Pascer con ricche vesti, e che mi bastano Le poche gioje che il mio collo adornano. Son, della vita che da noi qui menasi, Contenta sì che invidiar non restami  | 
 
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   PLA.  | 
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   CAT.  | 
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   PLA.  | 
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   CAT.  | 
  
   Oh, non ti credere Che mi caglia di sposo. Tutti gli uomini Non son, qual egli è il mio tutor, sì docili  | 
 
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   PLA.  | 
  
   Codesto sposo che il mio dir proposevi,  | 
 
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   CAT.  | 
  
   No, no, il pericolo Voglio sfuggir che da un amor contrario S'infastidisca il mio tutor, che placido Suol esser meco.  | 
 
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   PLA.  | 
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   CAT.  | 
  
   Dunque di sposo il ragionarmi è inutile.  | 
 
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   PLA.  | 
  
   Anzi è util cosa, e a voi necessarissima.  | 
 
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   CAT.  | 
  
   Non ti capisco.  | 
 
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   PLA.  | 
  
  
   Col tutor vostro, a cui rispetto or legavi, Non cambiereste di pupilla i termini In quei di sposa?  | 
 
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   CAT.  | 
  
   Perché mai dovrebbonsi  | 
 
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   PLA.  | 
  
   Oh, vi è tal differenza infra i due titoli, Quanta ve n'è dalla lattuca al cavolo. Ama il tutor, ma sta l'amor fra i limiti Delle cure paterne. I sposi si amano Con tenerezza, e uniti stan se vegliano E uniti stanno in compagnia, se dormono; E mai disgiunti...  | 
 
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   CAT.  | 
  
   Oh, questo poi continuo Starsi attaccati, mi sarebbe un tedio. Piacemi di star sola alle ore debite,  | 
 
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   PLA.  | 
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   CAT.  | 
  
   Ah sì, conoscolo; Egli è stanco di me. Testé guardandomi Bieco, qual ti dicea, dal cuor le lagrime Trassemi a forza. Che mai feci io, misera, Che lo suo sdegno a provocar condottami Abbia senza mia colpa? Alfin conoscere Ignoranza dovrebbe, e non malizia In me, se fui cagion della sua collera. Deh, Placida, se mi ami, va ritrovalo  | 
 
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   PLA.  | 
  
   Altro gli vorrei dir.  | 
 
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   CAT.  | 
  
   Ma che?  | 
 
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   PLA.  | 
  
   Con semplici  | 
 
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   CAT.  | 
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   PLA.  | 
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   CAT.  | 
  
   E perché torbido, Se mi ama ancora, agli occhi miei presentasi?  | 
 
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   PLA.  | 
  
   Figlia, apprendete dall'amor, che varia Gli effetti in lui, quai differenze passino Dal tutore allo sposo. Un dì godevasi Senza penar la sua pupilla amabile, Con amor innocente ancor che tenero; Ora il diletto che in passion convertesi, Dinanzi a voi lo fa tremante e timido. E se un tal uomo, in cui virtude annidasi, Al vïolento amor non sa resistere, Temete un dì le vergognose perdite Del vostro cuor, che in libertade or vantasi. Amor è dolce cosa, ed è amarissima Talora ancor. Certi momenti arrivano, In cui la donna vien costretta a cedere, E pel mondo di noi corre il proverbio, Che ogni or le donne al suo peggior si attaccano. Questo che vi offre il ciel sposo dolcissimo, È tal fortuna che invidiar farebbevi Da più donzelle costumate e giovani Del tutor vostro nelle luci languide Un po' meglio fissate il ciglio tenero, Che sì, che in sen voi vi sentite a pungere? Dite allor fra voi stessa: il cuor principia A innamorarsi, e buon per me che l'anima Per sì bella cagione amore allacciami. Tutto, a chi non ne usò, parrà difficile; Ma a quel che dà piacer, presto accostumasi, E in materia d'amor, soglion le semplici Scolare divenir mastre prestissimo. Tutto quel che vi ho detto, in cuor fissatevi. (Abbastanza parlai. Natura or operi).  |